Ucraina: la Conferenza di Lugano è stata un flop. All’estero non se l’è filata nessuno
Per sottoscrivere una roboante Dichiarazione farcita di nulla sarebbe bastata una riunione in remoto. Le ONG ammoniscono: i soldi per la ricostruzione rischiano di finire nelle tasche degli oligarchi. Il “medico italiano” del PLR se le canta e se le suona da solo
La “famosa” conferenza sull’Ucraina di Lugano è ormai alle spalle. L’unico a definirla un successo è il suo promotore, ovvero il “medico italiano” (cit. Corriere della Sera) del PLR, che ormai è ridotto a cantarsele e a suonarsele da solo. Come dicevano i nostri vecchi, “chi g’ha miga vantadur, i sa vanta da par lur”.
Al di fuori dei nostri confini, l’evento in questione non se l’è filato nessuno. Nella vicina Penisola, non dall’altra parte del mondo, giornali e TG non ci hanno speso una parola. Del resto l’Italia, paese a noi confinante, ha mandato a Lugano un sottosegretario. Nemmeno un ministro, fosse anche quello per il raddrizzamento delle banane. Un sottosegretario.
Come ampiamente previsto da queste colonne, sul Ceresio sono arrivate solo le scartine. L’unico personaggio di “peso” (si fa per dire) è stata la von der Divano, la quale ha fatto un’apparizione lampo (poteva in ogni caso “sparmirsi” e starsene a casa propria). Chiaro: il destino dell’Ucraina lo decideranno altri personaggi in altre sedi. La stessa presidenta della Commissione UE non ne ha fatto mistero.
Stando così le cose, fa sorridere che il comandante della Polizia cantonale giubili perché, dal punto di vista della sicurezza, tutto sarebbe filato a meraviglia. Per forza: non c’era alcuna presenza che potesse attirare dei rischi. Non esiste un attentatore così sfigato da mirare alle retroguardie presenti a Lugano.
Centro deserto per protesta
I disagi in città sono stati limitati per il semplice fatto che il centro cittadino è stato disertato. I luganesi sono girati bene al largo. Non solo per evitare le chiusure stradali, ma anche – la casta e la stampa di regime ne prendano atto – per protesta.
Tra i “normali” abitanti di Lugano non se ne trovava uno che fosse favorevole alla conferenza-ciofeca unilaterale, a sbalzo nei tempi e nei modi, deleteria per la nostra neutralità. Altro che blaterare di “buoni uffici” della Svizzera. I buoni uffici prevedono che vengano portate ad un tavolo le due parti belligeranti. A Lugano di parte ce n’era una sola.
Se i rappresentanti di Ucraina e Russia fossero giunti sul Ceresio per firmare finalmente la pace, certo che saremmo stati lieti di ospitare l’evento, e volentieri avremmo tollerato che la città venisse blindata e militarizzata. Per il teatrino autoreferenziale di lunedì e martedì, anche no.
Aria fritta
I 7 principi (?) della roboante Dichiarazione di Lugano, che evidentemente era già confezionata prima dell’incontro, sono il classico esempio di aria fritta. Un concentrato di nulla politikamente korretto.
C’è un paese distrutto dalle bombe, con milioni di profughi in fuga. C’è una guerra di cui non si vede la fine: perché di pace non parla più nessuno.
Però i burocrati mezzemaniche, a partire dal “medico italiano” del PLR, si fanno le pippe mentali sull’Accordo di Parigi (che non rispetterà nessuno, figuriamoci l’Ucraina); sulla “parità di genere”; sull’”inclusione sociale”. Ci mancava solo che introducessero nella Dichiarazione anche il “matrimonio per tutti”.
I soldi sono veri
Se i 7 principi sono aria fritta, i 100 milioni di franchetti di proprietà del contribuente che il buon KrankenCassis ha pensato bene di regalare all’Ucraina sono invece molto concreti. Quali aiuti all’estero si prevede di tagliare per compensare la nuovaspesa? Perché è chiaro che bisognerà farlo. O il “medico italiano” pensa che i soldi pubblici crescano sugli alberi? Se non ci sono i soldi per aiutare i cittadini svizzeri a fronteggiare il caro vita generato dalla guerra, a maggior ragione non ce ne sono da mandare all’estero.
Ed i 100 milioncini sono solo un primo assaggio. E’ chiaro anche al Gigi di Viganello che i balivi di Bruxelles e di Washington, dopo aver preteso – ed ottenuto – dagli svizzerotti la rottamazione della storica neutralità, reclameranno anche contributi di ricostruzione miliardari. Ed il governicchio federale… giù le braghe!
Qui c’è gente, a partire dall’ anfitrione PLR italosvizzero, che pensa di spendere miliardi dei contribuenti per ricostruire una nazione straniera purtroppo ancora sotto le bombe, senza nemmeno accorgersi che il paese di cui è presidente sta andando a ramengo.
D’altronde, da chi si vanta che lui mai dirà “Switzerland first”…
E se vince la Russia?
Chissà come mai, nessuno sembra porsi la seguente domandina, e sì che è di quelle facili-facili: se per disgrazia, visto che tutte le parti coinvolte vogliono continuare ad oltranza con la guerra, alla fine vince Putin, che cosa andranno a finanziare i nostri soldi? La ricostruzione di una provincia russa?
Nel frattempo perfino le ONG (certamente non leghiste) lanciano l’allarme sull’alto tasso di corruzione in Ucraina (altro che “standard europei”, vero Ursula von der Divano?) col rischio che i fondi versati per la “ricostruzione” finiscano nelle capienti tasche degli oligarchi locali.
Bilancio ambientale?
Va da sé che attendiamo un rendiconto dettagliato sui costi del summit sul Ceresio.
Ci aspettiamo altresì che i Verdi-anguria pretendano un bilancio ambientale dell’operazione: tra aerei ed elicotteri che svolazzavano in continuazione e la mobilitazione di 1600 soldati con mezzi militari giganteschi, poco ma sicuro che in due giorni nel Luganese si è prodotto il CO2 che normalmente si emette in un anno. Altro che accordo di Parigi, altro che sostenibilità!
Quanto al ritorno d’immagine per Lugano, esso è pari a zero, dal momento che la Conferenza non ha avuto alcun riscontro mediatico al di fuori del nostro orticello. E, dato il periodo, gli alberghi sarebbero stati pieni comunque.
Bastava una videoconferenza
Invece di autoincensarsi, l’organizzatore dell’ennesima cappellata avrebbe dovuto ringraziare i cittadini che, ancora una volta, hanno sopportato e pagato il conto.
Il risultato ottenuto, ossia la sottoscrizione di una Dichiarazione grondante aria fritta, i partecipanti l’avrebbero potuto benissimo raggiungere tramite una semplice videoconferenza. Avrebbero risparmiato soldi (degli altri), disagi ed inquinamento.
Ah già: ma l’obiettivo dell’esercizio era il marketing elettorale del PLR Cassis, dato che la cadrega bernese scanchigna…
Lorenzo Quadri