A breve si terrà, nella Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio degli Stati (CSSS), il dibattito sul ristorno dei premi di cassa malati pagati in eccesso da alcuni Cantoni, tra cui notoriamente il Ticino.
I ticinesi dal 1996 al 2012 hanno versato 400 milioni di Fr di premi in esubero. Tale cifra potrebbe raggiungere, a fine dell’anno in corso – basandosi sulle stime effettuate da Bruno Cereghetti, già capo dell’Ufficio dell’assicurazione malattia del DSS, nello studio commissionato dall’Ordine dei medici – i 450 milioni. In effetti, le distorsioni sono ancora in atto.
Come da copione, le cifre della Confederazione – che è correa della rapina perpetrata ai danni dei ticinesi – sono altre. Naturalmente sono inferiori (si tenta di minimizzare le responsabilità). Non solo, ma si riducono via via: dai 192 milioni dei tempi del primo progetto di restituzione del Consiglio federale, si è giunti alla stima più recente di 140.
Quindi 52 milioni sono stati fatti sparire con giochetti di prestigio (in politichese: “nuovi metodi di calcolo”).
Essendo la Confederazione parte in causa, e dovendo l’Ufficio federale della sanità, che anno dopo anno approvava i premi “dopati” a danno dei ticinesi, farsi non uno ma molti esami di coscienza, è più probabile che la cifra corretta sia quella indicata dallo studio Cereghetti.
I premi di cassa malati costituiscono una delle principali voci di spesa delle economie domestiche ticinesi, quindi non stiamo parlando del sesso degli angeli, o delle fughe di notizie dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Logistica.
Il momento attuale è senz’altro “topico”. Sul tavolo non c’è solo il passato, ossia la restituzione di quanto indebitamente prelevato dalle tasche dei ticinesi. Ci sono anche le regole per il futuro. In tali circostanze, il Consiglio di Stato non può che rimpiangere lo smantellamento dell’ufficio assicurazione malattia del DSS. Esso costituiva un centro di competenze consolidatosi in oltre 20 anni: sarebbe tornato molto utile. Soprattutto ora.
Come noto, la restituzione che si prospetta al Ticino è molto più che parziale: 67 milioni di Fr su 450. Quanto alla correttezza dei premi futuri, è tutt’altro che assicurata. Il progetto di base legale che dovrebbe garantirla contiene, al momento, delle pericolose formule potestative che ne azzoppano l’efficacia. Sicché dopo tanto rumore si corre il rischio, concreto, di ritrovarsi ai piedi della scala. Con (forse) il contentino da 67 milioni, accordato solo perché a non dare nulla, questa volta, si sarebbe davvero rischiata la rivolta dei Cantoni salassati.
Certo: al Consiglio nazionale si tenterà di giocare al rialzo sul risarcimento. Ma questo vuol dire, nella migliore delle ipotesi, spuntare qualche milione in più.
Questa poco edificante vicenda è l’ulteriore dimostrazione che serve una cassa malati unica e pubblica a livello federale. Al proposito è pendente un’iniziativa popolare su cui i cittadini voteranno. Il sistema attuale, malgrado la continua applicazione di cerotti, non funziona e non garantisce un trattamento equo. Non ci si attendano soluzioni alternative dalle istituzioni. Il Consiglio nazionale, ad esempio, ha appena silurato (per 130 voti contro 62) una petizione che chiedeva la separazione tra l’assicurazione sociale di base e la complementare.
A ciò si aggiunge che la cassa malati unica federale potrebbe anche essere in parte alimentata – questo nell’iniziativa non è previsto – con fondi provenienti dalla Banca nazionale (che non è malmessa). Fondi che sono di proprietà dei cittadini elvetici. Ciò consentirebbe di abbassare i premi. Di fatto, dunque, qualcosa di vicino ad uno sgravio fiscale, stante la forma obbligatoria dell’assicurazione malattia.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi