I più internazionalisti tra gli Svizzeri sono diventati razzisti e xenofobi?
O forse, per buona pace dei kompagni e dei moralisti a senso unico ed in funzione partitica, desiderare più sicurezza, opporsi allo scriteriato spalancamento delle frontiere, pretendere che chi è nato e cresciuto in Ticino (o a Ginevra) abbia la priorità nelle assunzioni non è sinonimo né di xenofobia né di razzismo?
Il Muovement citoyen genevois (MCG) ha vinto le elezioni cantonali ginevrine.
Come noto, il Mouvement ha guadagnato 4 seggi in Gran Consiglio, passando a quota 20 rappresentanti, mentre per le elezioni del Consiglio di Stato, ha ottenuto, per i suoi candidati, degli ottimi piazzamenti (subito a ridosso degli uscenti). Per l’esecutivo la partita è ancora da giocare visto che le elezioni avvengono con il sistema maggioritario: il prossimo appuntamento con le urne è fissato per il 10 novembre.
L’MCG – che si definisce né di destra, né di $inistra – ha parecchi punti in comune con la Lega dei Ticinesi.
Uno dei suoi slogan è: Genève d’abord, che suona molto simile a “prima i ticinesi”. Un secondo recita invece: “meno frontalieri, meno disoccupazione”. Altri punti del programma del Mouvement sono: priorità ai residenti nelle assunzioni, carcerazione amministrativa per gli asilanti delinquenti in attesa di espulsione (e che a Ginevra sono all’origine di grossi problemi di micro e macrocriminalità), sgravi fiscali per le aziende che creano posti di lavoro, cassa malati unica e pubblica, rafforzamento della sicurezza al confine, priorità agli anziani nella politica sociale (vedi Tredicesima AVS), eccetera. Tutti obiettivi che ci suonano familiari.
Ginevra messa meno peggio del Ticino
Quindi, a voler seguire la logica dei politikamente korretti nonché dei moralisti a senso unico ed in funzione partitica, anche i ginevrini sarebbero razzisti e xenofobi. Solo che Ginevra, ma guarda un po’, è tradizionalmente e dalla notte dei tempi il Cantone più internazionalista di tutti.
Eppure anche sul Lemano le urne hanno dato un segnale chiaro: basta con l’invasione di frontalieri (non sappiamo come siano messi da quelle parti a padroncini), basta con le frontiere spalancate alla delinquenza d’importazione, priorità nel lavoro come nello Stato sociale ai ginevrini.
Da notare che la situazione ticinese in materia di frontalierato è sicuramente peggiore di quella ginevrina. Prima di tutto sotto l’aspetto numerico. In Ticino ci sono 60mila frontalieri con 340mila abitanti. Nel Canton Ginevra i frontalieri sono 65mila a fronte di 460mila abitanti. Inoltre un certo numero dei frontalieri ginevrini sono in realtà cittadini svizzeri spostatisi Oltrefrontiera per ragioni economiche. E ciò che si trova sulla regione francese di confine, pur non essendo il deserto, non è certo la Lombardia, dove ha sede una miriade di aziende ed artigiani che si attaccano al mercato ticinese come ad un’ancora di salvezza, dal momento che quello locale è in stato comatoso.
Va pure aggiunto che, diversamente da quanto accade in Ticino, a Ginevra qualche misura antifrontalieri le autorità l’hanno presa. Ad esempio la prassi di assunzione introdotta nell’amministrazione cantonale, ma anche nell’ospedale cantonale e nell’università. Tali prassi stabilisce che, prima di procedere ad un’assunzione, è obbligatorio interpellare l’ufficio di collocamento il quale nel giro di 5 giorni deve fornire alcuni candidati il cui profilo corrisponde alle richieste, pescando tra i suoi utenti. Questi candidati hanno diritto al colloquio. Nel caso venissero tutti respinti, l’Ufficio di collocamento pretende una relazione scritta a giustificazione del njet e, a quanto pare, non prende per buono qualsiasi menavia.
Sempre ginevrino il caso di Vernier, comune che – dopo un tira e molla durato anni – ha condizionato il rilascio della licenza edilizia ad Ikea che voleva insediare uno stabilimento all’assunzione di almeno il 40% del personale tra i residenti.
Tutti razzisti?
Quindi: malgrado Ginevra, pur risentendo delle conseguenze negative della devastante libera circolazione delle persone, sia messa meno peggio del Ticino, il MCG ha fatto comunque un balzo in avanti.
“Indove” (per dirla con un ex direttore del DECS) sta l’inghippo? I ginevrini, che sono i più internazionalisti tra gli Svizzeri, sono diventati da un giorno all’altro dei beceri razzisti xenofobi?
O forse, per buona pace dei kompagni e dei moralisti a senso unico ed in funzione partitica, desiderare più sicurezza, opporsi allo scriteriato spalancamento delle frontiere, pretendere che chi è nato e cresciuto in Ticino (o a Ginevra) abbia la priorità nelle assunzioni non è sinonimo né di xenofobia né di razzismo?
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi