Nuova vergogna ro$$a: la petizione per ridurre il passaporto svizzero a carta straccia
Lo scorso 7 febbraio ricorreva il 50esimo anniversario del voto alle donne in Svizzera. Un anniversario senza dubbio di grande importanza per la nostra societĂ . E come hanno pensato bene di festeggiarlo i $inistrati del P$? Sfruttandolo come pretesto per lanciare una petizione (vedi foto) per introdurre il diritto di voto agli stranieri.
Ecco dunque a cosa serve il Partito $ocialista. A conferire sempre più diritti agli stranieri a scapito degli svizzerotti “chiusi e gretti”. Ovviamente i kompagni con questi mezzucci tentano di gonfiarsi l’elettorato. Del resto non c’è alcun motivo per cui un cittadino svizzero dovrebbe votare un partito del genere, che pensa solo a rapinarlo con tasse e balzelli, a inculcargli sensi di colpa ed atrattarlo da razzista: razzista perché rifiuta l’adesione alla fallita UE, razzista perché vuole che l’immigrazione sia controllata, razzista perché ha deciso che i delinquenti stranieri vanno espulsi, razzista perché non è disposto a trasformare la Confederazione nel Paese del Bengodi per islamisti; e via elencando.
Gli stranieri – ha il coraggio di scrivere il P$ nella sua petizione – non possono votare “solo perchĂ© hanno il passaporto del colore sbagliato”. Capito l’andazzo? Il passaporto non è altro che un pezzo di carta colorato, privo di qualsiasi significato. Per la $inistra multikulti, la cittadinanza svizzera non vale nulla!
Voto a chi “non rispetta le donne”
E’ noto che il modo migliore per far perdere di valore a qualsiasi cosa è distribuirla ad innaffiatoio. I $inistrati multikultisminuiscono il voto alle donne pretendendo di far votare anche gli stranieri. Inclusi beninteso quelli non integrati, che provengono da altre “culture” dove la donna è ritenuta inferiore. Di sicuro far votare chi alle donne toglierebbe subito non solo il diritto di voto, ma anche tutti gli altri diritti, è un grande passo avanti sulla via della parità di genere; come no!
Tanto per non farsi mancare niente, sempre in contemporanea con il 50esimo anniversario del suffragio femminile in Svizzera, la gauche-caviar rifiuta pervicacemente il divieto di burqa. E, non essendoci argomenti per dire no, se ne inventa di farlocchi e prestuosi. Il burqa è la dimostrazione visibile della sottomissione della donna; però alle femministe ro$$overdi sta benissimo. PerchĂ©, evidentemente, prima della promozione della donna – molto prima! – viene il sacro dogma del multikulti!
Tralasciamo di citare poi episodi puntuali, ma non per questo meno gravi, quali l’affossamento in Gran Consiglio, ad opera dell’ormai abituale tandem PLR-P$, della commissioneparlamentare d’inchiesta sugli abusi sessuali all’interno del DSS. Questo solo perché l’innominabile funzionario abusatore è $ocialista, così come i suoi superiori che l’hanno forse protetto.
Altro che 16 anni…
Il voto ai sedicenni, ultima bella pensata della $inistra e dintorni, risponde alla stessa logica del voto agli stranieri: ovvero quella di allargare artificialmente l’elettorato. Si vede che qualcuno immagina di poter capitalizzare il voto di quelli che bigiano la scuola per manifestare per il clima.
Per quel che ci riguarda, è chiaro che i requisiti per poter votare non cambiano. Non c’è motivo di abbassare l’etĂ a 16 anni. Anche perchĂ©, in quel caso, sarebbe necessario per coerenza portare a 16 anni anche l’eleggibilitĂ e pure la maggiore etĂ , sia per quel che riguarda il diritto civile ma anche per quello penale. O qualcuno immaginava di rendere di fatto i ragazzi maggiorenni a 16 anni solo per farli votare per il partito “auspicato”, mentre sotto tutti gli altri aspetti – ed in particolare per quanto riguarda l’assunzione di responsabilitĂ – rimangono minorenni? Non è così che gira il mondo.
Naturalizzazioni: ul bel vedé…
Ed ovviamente non si concede il diritto di voto agli stranieri: chi vuole votare, farà il piacere di naturalizzarsi. Ed al proposito, come è stato ricordato di recente sul Corriere del Ticino, un anno fa il Gran Consiglio aveva a maggioranza approvato l’iniziativa della Lega (primo firmatario l’allora deputato Nicholas Marioli) che chiedeva che, per naturalizzarsi, fosse necessario non aver percepito prestazioni assistenziali negli ultimi 10 anni, o, in caso contrario, averle restituite. Una regola che peraltro è già in vigore in altri Cantoni, come Berna e Grigioni: non si vede quindi perché non sarebbe applicabile in Ticino.
Il Parlamento cantonale si era espresso a sostegno del principiodei 10 anni senza assistenza ad inizio 2020; adesso si tratta di andare in aula con le necessarie modifiche legislative.
E’ chiaro già fin d’ora che i nomi dei parlamentari del triciclo che voteranno No a questo indispensabile giro di vite alle naturalizzazioni facili verranno pubblicati sul presentedomenicale.
Lorenzo Quadri