E Vienna ha anche detto basta ai programmi di ricollocamento dei finti rifugiati
Ma guarda un po’, questi austriaci cominciano a starci proprio simpatici. Vienna ha infatti varato una serie di misure per promuovere l’integrazione, tra cui il divieto di burqa. E l’Austria ha deciso di proibire anche la distribuzione pubblica del Corano. Non si è a conoscenza di proteste di piazza $inistrorse contro tali provvedimenti.
Non era un “non problema”?
Ma come: il burqa non era un “non problema”? Ma come: il divieto di velo integrale non era solo la deplorevole fissazione di uno sparuto gruppuscolo di beceri populisti e razzisti? Ma come: proibire il burqa non avrebbe dovuto far crollare il turismo?
Ed invece, ecco che tale divieto prende sempre più piede in Europa, con governi che lo adottano spontaneamente. Solo a Berna la partitocrazia buonista-coglionista e multikulti non ne vuole sapere: i suoi rappresentanti hanno concesso (uella!) la garanzia costituzionale al divieto ticinese solo perché costretti da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (assai poco sospetta di filoleghismo); ma hanno rifiutato schifati di estendere a livello nazionale il divieto votato dai ticinesi, bocciando nei mesi scorsi un’iniziativa parlamentare in questo senso (ma tanto sul tema voterà il popolo, visto che è in corso una raccolta di firme, e poco ma sicuro che i politikamente korretti multikulti verranno di nuovo asfaltati dalle urne).
“Prima” ticinese
Già, il divieto ticinese: grazie all’iniziativa lanciata dal Guastafeste, che la Lega ha subito appoggiato, siamo stati i primi ad introdurre un divieto di burqa tramite votazione popolare. I promotori, denigrati dalle élite spalancatrici di frontiere e dalla stampa di regime come dei beceri razzisti, alla fine l’hanno spuntata alla grande. Mentre a Berna le parlamentari della $inistra che lo scorso 8 marzo durante la sessione delle Camere federali sferruzzavano orridi berretti rosa in nome dei diritti della donna, sono poi le prime a scagliarsi istericamente contro il divieto di burqa: perché va bene i diritti della donna, ma prima, molto prima, vengono quelli degli immigrati di farsi i propri comodi in casa nostra. E se questi comodi contemplano l’oppressione della donna, allora ai bolliti residui del femminismo va bene anche l’oppressione della donna. Perché “bisogna aprirsi”.
Del resto, per una misteriosa coincidenza, i contrari al divieto di burqa sono poi gli stessi che vogliono promuovere l’islamizzazione della Svizzera rendendo l’islam religione ufficiale. Tutto torna.
Ricollocamenti
Ecco dunque che, vietando il burqa, anche l’Austria diventa un po’ ticinese. E dai giorni scorsi gli austriaci ci stanno più simpatici anche per un secondo motivo: Vienna si è chiamata fuori dai piani di ricollocamento UE dei finti rifugiati, andando dunque ad unirsi ai paesi del blocco Visegrad. I funzionarietti di Bruxelles hanno protestato, ma naturalmente non è successo nulla.
Invece la Svizzera, “grazie” alla kompagna Simonetta Sommaruga, aderisce ai piani di ricollocamento di migranti economici senza avere alcun obbligo in questo senso. E la ministra del partito del “devono entrare tutti” va in giro per l’Europa a promettere che l’andazzo continuerà ad oltranza anche in futuro. Per l’alloggio dei finti rifugiati, non c’è problema: basta riempire il Ticino di centri asilanti. Cosa che la kompagna Simonetta si sta impegnando a fare. E la nuova legge sull’asilo, da lei voluta e difesa dagli spalancatori di frontiere, glielo permette. Avanti così!
Lorenzo Quadri