Ma c’è sempre chi tenta di buggerare la volontà popolare

 

Martedì mattina a Berna si terrà la conferenza stampa per il lancio dell’iniziativa antiburqa a livello federale. L’iniziativa, promossa dal comitato di Egerkingen (che è poi l’ideatore del divieto di minareti), si rifà a quella ticinese, approvata dal popolo nel settembre 2013 con il 65% dei voti. Approvata, ma non ancora in vigore.

Come noto, il divieto di dissimulazione del viso inserito dai cittadini nella Costituzione del nostro Cantone ha ottenuto la garanzia federale lo scorso maggio. Del resto di scuse per rifiutarla non ce n’erano. Specie dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo che ha approvato il divieto francese, cui si ispirava a sua volta l’iniziativa ticinese, lanciata dal Guastafeste.

 

Pur di cancellare le nostre radici…

Non tutti però, sotto le cupole federali, hanno dimostrato di rispettare la volontà popolare. I Rosso-verdi, infatti, non hanno perso l’occasione per uscirsene con dichiarazioni allucinanti contro il divieto votato dai ticinesotti (chiusi e razzisti) arrivando ad inneggiare al velo integrale come “simbolo di libertà”. Strano però: nel 2010 circolava una presa di posizione dei kompagni contro il burqa. Poi però deve essere arrivato il cambio d’orientamento. Per cancellare le radici e l’identità svizzera, per annientare qualsiasi sentimento patriottico, tutto fa brodo. Sicché si arriva a sostenere anche i veli totali e la sottomissione della donna. Tutto ciò che è multikulti è giusto per definizione: bisogna aprirsi!

 

Ma come, non era un “non problema”?

Il Ticino con il divieto di burqa ha fatto scuola. Il comitato che promuove il divieto a livello nazionale può partire da una solida base. Interessante, però: nel dibattito pre-votazione sul divieto di burqa, i contrari ripetevano ad oltranza che il burqa era un non-problema. Ohibò, se era un non problema perché adesso tutti ne parlano? Vuoi vedere che non era poi così un “non problema”?

Il lancio di un’iniziativa a livello federale è senz’altro positivo. Importante è anche che i promotori non parlino solo di sicurezza. Essa è certamente uno degli aspetti. Ma solo uno, e neppure quello fondamentale. Giusto impedire che giri gente completamente nascosta sotto un panno nero, perché potrebbe approfittarne per commettere reati e non farsi riconoscere. Ma ancora più importante è affermare che guardarsi in faccia è un presupposto fondamentale del nostro vivere insieme. Lo ha peraltro ribadito anche la Corte di Strasburgo, poco sospetta di essere un gremio di leghisti populisti e razzisti. Non si può dunque ridurre il divieto di burqa ad una semplice faccenda di polizia, da relegare in una leggina ad hoc che poi può essere spazzata via da un semplice voto parlamentare in un raptus di politikamente korretto. Nossignori: il posto è la Costituzione e la decisione spetta al popolo.

 

Nella Costituzione

Giusto quindi che il divieto di burqa si trovi nella Costituzione, e giusto che sia introdotto a livello nazionale. Il tema non riguarda solo il Ticino. E nemmeno riguarda solo la Svizzera. Concerne, invece, tutto l’Occidente. Sarebbe dunque bello se tutti i paesi europei decidessero (autonomamente) di vietare il Burqa. Alcuni di loro l’hanno già fatto. Sarebbe un segnale forte di quel risveglio che si fa sempre più necessario ed urgente. O si preferisce farsi invadere e sottomettere in nome del politikamente korretto?

 

NO alla melina

In quest’ottica non si può dunque accettare la melina che i relatori commissionali sulla legge d’applicazione del divieto ticinese di burqa sembrano voler fare. Oltretutto in presenza di un verdetto popolare inequivocabile e di un divieto che altrove, ad esempio in Francia, già esiste: quindi non bisogna neppure essere particolarmente creativi, basta copiare. Altro che farsi le pippe mentali sulla definizione di “volto” per poi passare in TV. Qui c’è il sospetto che qualcuno si stia arrampicando sugli specchi per non applicare il voto popolare sgradito (vedi 9 febbraio). Sta però alla Commissione dei diritti politici del Gran Consiglio imporre ai relatori di fare i compiti, e di farli in tempi brevi. Oppure destituire i relatori inadempienti e nominarne di nuovi. Anche uno solo nuovo. Perché il tandem serve solo a raddoppiare i costi.

Lorenzo Quadri