A Lugano, dal primo gennaio 2012 al 2 luglio 2013, 102 cittadini stranieri titolari di un permesso B hanno presentato richiesta di assistenza sociale; di questi, la metà è in Svizzera da meno di tre anni
Secondo gli spalancatori di frontiere politikamente korretti, l’immigrazione nello Stato sociale non esisterebbe, anzi: sarebbero tutte invenzioni della Lega populista e razzista. Addirittura, strapagati funzionari federali ci vengono a raccontare la storiella dell’”immigrazione uguale ricchezza” sostenendo che gli stranieri sarebbero indispensabili per finanziare le nostre pensioni. Si tratta di una bufala grande come una casa, ed infatti gli immigrati non finanziano neppure i loro, di costi pensionistici: ricordiamoci che tramite i ricongiungimenti familiari facili arrivano in Svizzera frotte di persone senza alcuna attività lucrativa.
Realtà preoccupante
A dimostrazione che l’immigrazione nello Stato sociale non è una paturnia xenofoba bensì una realtà preoccupante, i dati belli freschi sulle nuove richieste d’assistenza sociale da parte di titolari di permessi B, rilevati in quel di Lugano.
I detentori di permessi B sono persone che ottengono di trasferirsi in Svizzera per esercizio di un’attività lucrativa. Quindi, a rigor di logica, finito l’esercizio dell’attività lucrativa, finito anche il diritto di rimanere in Svizzera. Questo però non succede affatto: il permesso B ha una validità di 5 anni durante i quali il suo titolare fa allegramente in tempo a mettersi a carico del nostro Stato sociale (senza, tra l’altro, aver mai contribuito al suo finanziamento); oltretutto senza che ciò necessariamente pregiudichi il rinnovo del permesso in questione.
Nei mesi scorsi scrivevamo che circa il 16% delle nuove domande d’assistenza a Lugano è presentata da titolari di permessi B. Se queste persone arrivassero davvero in Svizzera per esercitare un’attività lucrativa, di domande d’assistenza da parte loro non ce ne dovrebbe essere nemmeno una.
Le cifre parlano chiaro
Le statistiche presentano una realtà ben diversa. Dal primo gennaio 2012 al 2 luglio 2013, ben 102 persone con permesso B residenti a Lugano hanno presentato domanda d’assistenza. Se si calcola che le nuove domande d’assistenza sono in totale circa 420 all’anno, i conti sono presto fatti.
Di queste 102 permessi B che sono entrati in assistenza, 57 erano in Svizzera da più di 3 anni, mentre 45 da meno tempo.
Quest’ultimo dato merita in particolare un approfondimento. Infatti si tratta di persone che sono arrivate in Svizzera e che, in tempo di record, si sono messe a carico dello Stato sociale pagato dagli “svizzerotti fessi”. Stiamo infatti parlando di persone arrivate nel nostro Paese da meno di tre anni e che sono già in assistenza. Ma, prima di andare in assistenza, c’è la disoccupazione. Per ottenerla, grazie ai devastanti accordi bilaterali (che però qualcuno ha sostenuto e tutt’ora sostiene a spada tratta…) all’immigrato UE basta dimostrare (?) di aver lavorato in un paese dell’Unione europea per un tempo sufficiente ad aprire un termine quadro in Svizzera. Quindi, attingere alle casse della “nostra” disoccupazione è facilissimo.
Per cui, per quanto tempo hanno lavorato in Svizzera persone che hanno ottenuto di trasferirsi da noi per esercizio di attività lucrativa meno di tre anni fa, e adesso non si trovano nemmeno più in disoccupazione, ma addirittura già in assistenza? Un paio di mesi?
Siamo quindi confrontati proprio quel fenomeno che, secondo gli spalancatori di frontiere politikamente korretti, mai e poi mai si sarebbe verificato, poiché avrebbe dovuto essere un parto della fantasia malata dei leghisti populisti e razzisti.
Malandazzo da stroncare
E’ ovvio che questo malandazzo va stroncato, visto che i costi dell’assistenza sono finanziati al 75% dal Cantone a al 25% dai Comuni. Da notare che fino allo scorso anno la chiave di riparto era 80-20; ma davanti all’aumentare dei casi, il Cantone ha pensato bene, come di consueto, di fare scarica barile a danno dei Comuni. Ed in particolare a danno dei Comuni urbani, dove si trova il maggior numero di persone in assistenza.
In particolare a Lugano, dove si annunciano pesanti misure di risparmio, andare ad incidere su tali malandazzi è indispensabile non solo finanziariamente, ma anche per semplici ragioni di equità. Ed infatti 65 di questi 102 richiedenti con permesso B sono già stati segnalati dal Comune di Lugano al Cantone (Sezione dei permessi e dell’immigrazione)… il problema è che non è noto quale seguito venga poi dato a queste segnalazioni.
Lorenzo Quadri