Adesso i $indakati di $inistra hanno trovato il loro nuovo mantra, da invocare ad ogni occasione: la “guerra tra poveri”. Termine con cui vogliono indicare la competizione tra ticinesi e frontalieri e/o stranieri per avere un posto di lavoro in Ticino. Si tratta di una definizione sbagliata. Infatti quella in corso non è una guerra, bensì un’invasione da parte di lavoratori in arrivo dall’estero che vorrebbero trovare un’occupazione in Ticino a scapito dei residenti: “a scapito” non perché vogliano male ai ticinesi ma semplicemente perché nel nostro Cantone di lavoro per tutti non ce n’è. E ci mancherebbe che i Ticinesi non potessero difendersi da questa invasione.
Al proposito occorre rimettere la chiesa al centro del villaggio.
Punto primo: la guerra tra poveri l’hanno creata proprio quelli che la denunciano, ossia gli spalancatori di frontiere tra cui i $indakati di $inistra. I quali, invece di difendere i lavoratori, organizzano patetiche manifestazioni contro il Mattino e la Lega (vedi quella in programma sabato 19 ottobre). Gli spalancatori di frontiere hanno sempre sostenuto ad oltranza la libera circolazione delle persone, la quale dice che non si possono porre limiti quantitativi al numero dei frontalieri presenti in Ticino, e neppure ai frontalieri. Gli spalancatori di frontiere sono anche contrari ai contingenti.
Punto secondo: contrariamente alle solite ritrite accuse di razzismo e xenofobia messe in giro dal partito dell’odio per denigrare e delegittimare chi combatte la devastante libera circolazione delle persone e la scriteriata demolizione di frontiere, i ticinesi non sono né razzisti né xenofobi. I ticinesi vogliono solo poter trovare un lavoro in casa in propria. Chiedono la dignità di potersi mantenere con le proprie forze. Di poter avere un futuro senza andare ad ingrossare le fila dell’assistenza.
Punto terzo: il numero dei casi d’assistenza aumenta in modo allarmante. A Lugano la spesa per le prestazioni assistenziali è raddoppiata in pochi anni, per il 2014 bisognerà fare i conti (anche a seguito del progressivo scarica-barile cantonale) con una cifra vicina ai 6 milioni, assolutamente senza precedenti. Queste spese le pagano tutti i contribuenti. E dimostrano che il soppiantamento dei residenti ad opera di frontalieri a padroncini è una triste realtà, altro che invenzioni della Lega populista e razzista!
Punto quarto: i sindacati ammettano che difendono i frontalieri perché anche questi ultimi pagano le quote sindacali (se immaginiamo che su 60mila frontalieri anche solo la metà siano sindacalizzati, ne ricaviamo un business plurimilionario). Visto dunque che i frontalieri pagano cospicue quote, i sindacati non possono sostenere la sacrosanta priorità dei residenti. Per cui si producono in penose accuse di “razzismo e xenofobia” nel vano tentativo di nascondere i propri altarini.
Punto quinto: i $indakati di $inistra, quelli che accusano i ticinesi di razzismo e xenofobia comincino a chiedere agli italiani residenti cosa ne pensano dei loro connazionali frontalieri.
A dare la stura all’ennesima patetica dichiarazione sulla sedicente “guerra tra proveri” il caso di una signora di Napoli, che si era recata ad un colloquio per lavorare in un call center a Lugano (vedi riquadro): la donna, come ha dichiarato il potenziale datore di lavoro, non è stata assunta a causa del suo accento meridionale. Scandalo di UNIA che strilla alla xenofobia. Ed infatti ci mancherebbe che, con tutti i ticinesi disoccupati che ci sono, si andasse ad assumere napoletani. Se il datore di lavoro in questione ha scelto un ticinese (cosa che non è data di sapere) merita un plauso. Il fatto invece che i $indakati si scandalizzino dovrebbe far riflettere i ticinesi che pagano le affiliazioni, e non proprio a buon mercato.