Grazie libera circolazione! Un terzo della popolazione ticinese a rischio povertà

 

Però, mentre la gente tira la cinghia, le casse del Cantone sono piene: nel 2017 avanzo di oltre 80 milioni

La presa per  i fondelli continua ad oltranza, senza pudore!

Nei giorni scorsi sono state date, praticamente in contemporanea, tre notizie:

  • Ennesima statistica farlocca della SECO in base alla quale la disoccupazione sarebbe calata in Svizzera e naturalmente anche in Ticino dove si attesterebbe, udite udite, al 3.1%, in calo di 0.6 punti percentuali rispetto a febbraio.
  • Povertà alle stelle in Ticino. In Svizzera, secondo l’Ufficio federale di statistica, è povero il 7.5% della popolazione, mentre in questo sfigatissimo Cantone siamo al 17%. Le persone a rischio povertà sono in Svizzera il 14.7% mentre Ticino si raggiunge un inquietante 31.4%. Ovvero, praticamente un terzo della popolazione in Ticino è a rischio di povertà. La percentuale cresce a ritmo accelerato: nel 2013 infatti eravamo al 24.4%.
  • Conti cantonali nelle cifre nere, e mica di poco. Si parla di un avanzo 2017 di ben 80 milioni di franchetti nel consuntivo 2017. Ovvero 114 milioni in più rispetto al preventivo. Ma come: la partitocrazia non invoca ogni tre per due le presunte casse vuote?

Contraddizioni evidenti

Le contraddizioni sono evidenti. Da un lato la SECO, segreteria di Stato dell’economia, ci viene a raccontare che nel nostro Cantone non esiste un’emergenza lavoro. Ma quando mai: sono solo balle populiste e razziste. O, a voler essere diplomatici, “percezioni”. Peccato che l’ufficio federale di statistica –  quindi un istituto della Confederella, proprio come la SECO – racconti una storia ben diversa. Se in Ticino quasi il 20% della popolazione è già povera, mentre un terzo è a rischio di povertà,  evidentemente questo significa che il mercato del lavoro è andato a ramengo. Quindi quel 3.1% di tasso di disoccupazione, che ci viene sbattuto in faccia per farci credere che vada tutto a meraviglia, è in realtà una colossale presa per i fondelli. Del resto, anche le cifre dell’assistenza in continuo aumento mal si conciliano con presunti miglioramenti nell’occupazione.

Statistiche per imboscare

Ecco quindi l’ennesima dimostrazione che le statistiche  della SECO non sono fatte per rivelare un fenomeno, la disoccupazione, bensì per imboscarlo. E non c’è nemmeno bisogno di truccare le cifre: basta scegliere gli indicatori “giusti” ed il gioco è fatto. Così si può andare in giro a sventolare dati, apparentemente oggettivi, per sostenere la madre di tutte le fregnacce: ossia che, con la libera circolazione, sul mercato del lavoro ticinese va tutto bene. Peccato che poi arrivano altre cifre, come quella della povertà o dell’assistenza, a raccontare tutta un’altra storia. Una storia fatta di precariato e di mancanza di lavoro. Poiché questo fenomeno deleterio non accenna affatto a migliorare bensì peggiora di anno in anno, è evidente che occorre intervenire con urgenza cambiando le cose. Ossia facendo saltare la libera circolazione delle persone che ci sta portando nel baratro.

I conti in nero del Cantone dicono invece che, mentre la gente tira la cinghia, le casse pubbliche sono piene.

La causa

E’ chiaro che mancanza di lavoro, precariato e conseguente povertà tra i ticinesi hanno una causa, e questa causa è il mercato del lavoro andato a ramengo a seguito dell’invasione da sud. Però il ministro dell’Economia, il PLR Johann “Leider” Ammann, calato in Ticino dove ha partecipato ad una serata dei liblab, viene a dirci che “non basta essere svizzeri per lavorare”. Ah beh, quando si dice un grande statista! Peccato che nella situazione creata dalla partitocrazia triciclata e spalancatrice di frontiere, con in prima linea proprio il PLR di “Leider” Ammann, sembra proprio che essere svizzeri basti per NON lavorare. Ci sono persone in cerca di impiego che l’hanno sperimentato sulla propria pelle. Mandando le candidature con il CV corretto non venivano nemmeno chiamate. Se si fingevano frontalieri, invece, il riscontro arrivava subito…

Proporzioni?

Il bello è che il ministro dell’Economia (!) (quindi il ministro competente) per spiegare la propria posizione contraria alla preferenza indigena si arrotola su se stesso in oziosi discorsi sulla “cultura aziendale” e  sulle “proporzioni” di lavoratori residenti all’estero. Nuovo autogol del Consigliere federale del “partito del Buongoverno”. In Ticino i frontalieri sono un terzo dei lavoratori. Questa sarebbe una proporzione sostenibile? Ma per favore! Se il buon Johann (Giuànn) credesse alla sua storiella delle proporzioni, dovrebbe allora essere il primo a sostenere la preferenza indigena. Invece ha fatto di tutto per affossarla, ovviamente per compiacere i suoi padroni di Bruxelles. E’ davvero un mistero come i ticinesi possano ancora sostenere simili partiti e simili politicanti.

Lorenzo Quadri