Il presidente della DTI: “Le dichiarazioni di disponibilità non sono mancate, ma sono ancora ben lungi dal tradursi in qualcosa di concreto”

La Deputazione ticinese alle camere federali (DTI)  ha incontrato martedì mattina il neodirettore del Dipartimento del lavoro della SECO (Segretariato di Stato per l’economia) Boris Zürcher, in carica da poco più di un mese. Piatto forte dell’incontro, che è durato circa un’ora ed un quarto, la libera circolazione delle persone e le sue devastanti conseguenze per il Ticino. Conseguenze che la SECO è sempre in prima linea nel negare ad oltranza, contro ogni evidenza e buonsenso.

“L’incontro – spiega il presidente della Deputazione, il consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri – l’abbiamo richiesto perché non si può andare avanti con una SECO che continua a ripetere che con la libera circolazione delle persone va tutto bene. Il Consiglio federale, nelle sue prese di posizione sulle proposte per l’indispensabile tutela del mercato del lavoro ticinese dall’invasione di frontalieri e padroncini, si basa sulle veline della SECO. Quindi il risultato è quello di trovarsi confrontati con un muro di gomma. Ben lo si è visto di recente con la trasferta a Berna del governo ticinese in corpore per incontrare il ministro degli Esteri Burkhalter. Durante l’incontro, attestazioni di stima e pacche sulle spalle, immediatamente dopo, niet su tutta la linea ad ogni e qualsiasi richiesta ticinese per arginare l’invasione dei padroncini il cui numero sta letteralmente esplodendo: a fine anno si rischia di ritrovarsi con la cifra astronomica di 38mila notifiche. Bisogna quindi far comprendere alla SECO che venire a dire che in Ticino con la libera circolazione va tutto bene è semplicemente una presa in giro; e non siamo disposti ad accettarla. Il fatto che Zürcher sia appena entrato in funzione è sicuramente l’occasione buona per cominciare a sensibilizzarlo già fin dall’inizio del suo mandato”.

E come è andato l’incontro?

Il “difetto di fabbrica” della SECO è emerso in modo chiaro. Ovvero la “dipendenza da statistica federale”. Tanto per cominciare, alle statistiche si può far dire tutto e il contrario di tutto, e quelle sull’impiego sono particolarmente traballanti, poiché si basano su indicatori bislacchi. Inoltre, è chiaro che limitarsi a snocciolare cifre, oltretutto come detto di discutibile attendibilità, che si riferiscono a tutta la Svizzera, non è evidentemente il modo per individuare ed affrontare i problemi del Ticino. Un esempio plateale: dai dati citati dalla SECO non emerge nemmeno l’impennata dei casi d’assistenza nel nostro Cantone. Bisogna dunque chiarire che non è perché un fenomeno non figura in una statistica che esso non esiste. Occorre una conoscenza del nostro territorio di cui la SECO è al momento chiaramente sprovvista.

Ma a suo parere qual è l’esito dell’incontro?

Sicuramente la strada da percorrere è ancora lunga. E’ evidente che manca  la consapevolezza delle conseguenze devastanti della libera circolazione delle persone in Ticino. Sia per quel che riguarda i padroncini che per quanto attiene ai frontalieri. Inoltre, l’applicazione da parte elvetica della libera circolazione delle persone è troppo pedissequa, in flagrante contrasto con la totale mancanza di reciprocità da parte italiana. Provvedimenti minimi e del tutto insufficienti, come le misure accompagnatorie in vigore, vengono già visti come chissà quale sgarbo all’Unione europea.

Particolarmente urtante la posizione espressa martedì mattina dalla SECO sull’abolizione delle notifiche online per sostituirle con l’obbligo di annunciarsi ad uno sportello centralizzato. Tale scenario viene visto come “troppo oneroso” per fornitori di prestazione, che magari – è stato fatto proprio questo esempio – vengono dalla Sicilia. Ora, se i padroncini in arrivo dalla Sicilia, o anche da altri posti più vicini, si trovano in difficoltà nell’ottenere il nullaosta per lavorare in Svizzera, poco m’importa, anzi è proprio quello che si vuole; tanto più  che l’Italia è perfettamente in grado di far sì che imprese ed artigiani ticinesi non battano un chiodo nel Belpaese. Noi dobbiamo pensare al nostro mercato del lavoro, non a risolvere i problemi economici dell’Italia. In sostanza, le dichiarazioni d’intenti a favore del Ticino non sono mancate neanche in occasione dell’incontro di martedì, in cui ci è stato tra l’altro ripetuta la buona disposizione del Consigliere federale Schneider Ammann nei confronti del nostro Cantone; tuttavia a queste dichiarazioni non fanno ancora seguito delle iniziative concrete. Insomma, è proprio il caso di dire che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Per questo dico che la strada da fare è ancora lunga, e che il direttor Zürcher ed i suoi collaboratori bisognerà incontrarli ancora varie volte…

Dei padroncini dovrà peraltro dibattere ancora in questa sessione il Consiglio nazionale, malgrado il tema non fosse in programma.

Sì, il Nazionale ha approvato mercoledì  la mozione d’ordine che chiedeva di inserire all’ordine del giorno il dibattito sulla mozione Cassis sull’IVA dei padroncini. L’ha approvata contro il parere dell’Ufficio presidenziale. Questo è un risultato del lobbying della Deputazione ticinese. Certo non sarà la Luna, ma è sempre qualcosa. Adesso si tratta, ovviamente, di far approvare la mozione così da imporre ai padroncini UE di pagare l’IVA anche sulle prestazioni di valore inferiore ai 10mila Fr, così come fanno gli artigiani ticinesi, che attualmente  risultano discriminati in maniera aberrante nei confronti della concorrenza sleale in arrivo da Oltreconfine.
MDD