La morale è sempre la stessa: bisogna continuare l’atomo. E’ d’accordo perfino l’UE

I politicanti della partitocrazia, sempre pronti a rincorrere le mode nella speranza di accattarsi qualche voto a conservazione delle CADREGHE, da tempo pappagallano il mantra della “decarbonizzazione”. Che poi significa sostituire i combustibili fossili con fonti rinnovabili.

Tuttavia, la $inistra rimane abbarbicata come una cozza allo scoglio all’abbandono dell’energia nucleare. Idem il governicchio federale, a partire dalla direttora del DATEC kompagna Simonetta Sommaruga (P$). Il CF, prendendo di recente posizione su una mozione della Lega che chiedeva la rinuncia all’uscita dall’atomo, ribadiva il proprio njet ideologico.

Per sventare la temuta penuria energetica con conseguente rischio di blackout, il governicchio si arrampica sui vetri con fantasiose proposte di creare delle “scorte”: ad esempio spostando nel tempo il turbinaggio dell’acqua ed indennizzando i produttori con soldi del contribuente; oppure costruendo delle centrali di riserva a gas (gas russo?).

Va da sé che il rischio di rimanere senza elettricità si moltiplica a causa della guerra in Ucraina.

Il colmo è che la kompagna Sommaruga ed il governicchio federale insistono con l’uscita dal nucleare malgrado l’UE abbia etichettato l’atomo come energia verde. E’ il colmo: l’unica volta che i balivi di Bruxelles ci azzeccano, i loro camerieri bernesi, abituati a seguirli pedissequamente in ogni cappellata, fanno il contrario.

Giù le tasse

Visto che per i noti motivi il prezzo dell’energia schizza verso l’alto e non si sa quando questo andazzo cambierà, è ovvio che di ulteriori rincari artificialmente generati da paturnie climatiste – ovvero di ecobalzelli – non se ne parla nemmeno. Anzi: per compensare il mostruoso caro-benzina, la Confederella deve temporaneamente (ma anche non  temporaneamente) rinunciare a parte delle imposte sugli oli minerali, come richiesto dalla Lega sia a Berna (interpellanza Quadri) che a Bellinzona (interrogazione Tonini/Censi): questo per alleviare la devastazione del potere d’acquisto delle famiglie e delle aziende, che nel breve-medio termine potrebbero trovarsi in grosse difficoltà.

Lo studio del Politecnico

La Svizzera già oggi copre una importante fetta del proprio fabbisogno di elettricità con energie rinnovabili. Soprattutto con l’idroelettrico. Ma anche con biomassa, solare ed eolico.

Ma cosa implicherebbe più in concreto la “decarbonizzazione”? Secondo uno studio del Politecnico di Losanna, citato nelle scorse settimane dalla NZZ, il fabbisogno procapite di energie rinnovabili passerebbe dagli attuali 0,86 ad 1.83 Kilowatt se si volesse elettrificare l’intero parco veicoli della Svizzera e sostituire tutti i riscaldamenti a nafta o a gas con termopompe. Si tratta di un incremento enorme. Come farvi fronte? Aumentare la capacità dell’idroelettrico in modo significativo, secondo gli esperti, risulta difficile (si sa che alzare le dighe non è una passeggiata) idem dicasi per l’energia eolica (il parco del Gottardo non sta facendo faville, i nuovi impianti si scontrano con il fuoco amico delle associazioni a tutela del paesaggio e comunque la Svizzera non è l’Olanda). Quindi gli esperti puntano sul fotovoltaico.

Solo che per coprire il fabbisogno aggiuntivo servirebbe una superficie di pannelli solari di 48 metri quadri per persona, il che significa tre volte l’area dei tetti attualmente presenti in Svizzera. C’è poi un ulteriore problema, prosegue la NZZ: affinché l’elettricità solare possa essere disponibile anche dopo il tramonto, essa va immagazzinata. Tramite batterie non è fattibile, poiché non basterebbero le riserve mondiali di litio ed i costi sarebbero enormi. Tentare con le centrali di accumulo a pompaggio (in sostanza, immagazzinamento di energia sottoforma di “energia potenziale” in un bacino artificiale) necessiterebbe di 13 impianti delle dimensioni di quello della Grande Dixence in Vallese, da realizzare nel giro di 20 anni. Non molto realistico.

Che si fa?

Morale della favola: per un paese come la Svizzera, l’indipendenza energetica con fonti rinnovabili è una chimera. E allora che si fa? Ci sono tre opzioni (non necessariamente una esclude l’altra).

  • La si smette di disintegrare ai cittadini elvetici non solo i santissimi, ma anche il potere d’acquisto con il mantra della “decarbonizzazione”: tanto a livello mondiale non verranno raggiunti nemmeno gli obiettivi dell’accordo di Parigi. I principali produttori di CO2, Cina ed India, andranno avanti ad oltranza ad emetterne. La Cina prevede pure di costruire una sfracca di nuove centrali a carbone.
  • Si rinuncia all’uscita dal nucleare.
  • Si punta sui carburanti sintetici che non producono CO2.

E ricordiamoci anche che più gente immigra in Svizzera, più aumentano i consumi, compresi quelli di energia. A buon intenditor…

Lorenzo Quadri