Ai 12enni si inculca la fanfaluca che due persone dello stesso sesso possono avere figli

Un paio di mesi fa, il Mattino ha portato alla luce un caso, non sappiamo quanto isolato, verificatosi in una scuola pubblica ticinese.  In un esercizio di tedesco, assegnato a degli allievi di seconda media, si leggeva la frase seguente (in tedesco, da completare con i verbi mancanti): “Come si chiamano i tuoi genitori? Si chiamano Elsa ed Emma”. L’indottrinamento gender è evidente:  “Elsa” ed “Emma”, due donne, per ovvi motivi non possono generare, tra loro, alcuna prole. Non esistono figli con due madri, e nemmeno con due padri. E’ contrario alle leggi della biologia. Le quali sono immutabili e – per fortuna – non seguono le mode della casta e della politichetta mainstream.

Quindi, se la scuola pubblica insegna che ci possono essere figli con due madri, o con due padri, semplicemente insegna fregnacce. E, se i destinatari di cotanto “sapere” sono dei ragazzini di 12 anni, l’indottrinamento “gender” è plateale.  Va ad aggiungersi a quello climatista e – più in generale – $inistrato. Addirittura, un paio di anni fa, sul diario scolastico ufficiale il DECS riuscì a proporre come testimonial alcuni fankazzisti climatici, ossia quegli scolari che bigiano le lezioni per andare in strada a strillare: “la terra brucia” (senza ovviamente alcuna conoscenza scientifica al proposito). Se questi sono i modelli proposti dalla scuola ticinese, auguri.

Le priorità

Essendo rimasti un po’ indietro, noi credevamo che le lezioni di tedesco servissero ad insegnare il tedesco e non ad inculcare ideologie gender. Ma del resto, la priorità della scuola ro$$a non è istruire, bensì tentare di plasmare la società secondo i trend $inistrati.

Sui genitori che si chiamano “Elsa ed Emma” il granconsigliere leghista Massimiliano Robbiani ha inoltrato un’interrogazione al governicchio cantonale. La risposta è quella prevedibile: l’è tüt a posct! Gli insegnanti possono concepire gli esercizi come meglio credono, anche se (aggiunta nostra) con la materia che dovrebbero servire ad esercitare non c’entrano una fava.

Del resto, se al Dipartimento sta bene che i docenti facciano propaganda pro saccoccia a scuola affinché il contribuente sia costretto a compensare la riduzione del tasso di conversione spropositato dell’IPCT, perché dovrebbe avere da ridire sull’indottrinamento gender? A quando i testi scolastici con gli asterischi?

Il governicchio “stigmatizza”

Naturalmente il DECS nella sua risposta  non perde l’occasione per stigmatizzare (uhhh, che pagüüüraaa!) l’atto parlamentare leghista, magnificando al contempo le cosiddette “famiglie arcobaleno”, e sottolineando che il matrimonio per tutti è un diritto garantito dalla legge. Bene; si  dà il caso che la preferenza indigena sia contenuta addirittura nella Costituzione, non risulta però che la scuola ro$$a promuova il “prima i nostri”. Al contrario, pistona l’immigrazionismo.

Il meglio è la seguente affermazione, che dice tutto: “La scuola, in quanto istituzione educativa, non può astenersi dal riferirsi al mondo al quale appartiene e (…) deve interagire con la realtà sociale e culturale”. Ah, ecco. Peccato che nella realtà sociale e culturale le persone che non si indentificano col proprio genere biologico, come pure le coppie di “genitori” dello stesso sesso, siano una piccola minoranza. Invece sembra che esistano soltanto loro e che la società – del presente e del futuro – debba essere plasmata sulle loro pretese. Le derive in questo senso già si vedono benissimo. Vedi la “cagata pazzesca” di abolire la distinzione tra maschi e femmine nei gabinetti scolastici, rispettivamente di crearne di ulteriori per un fantomatico terzo sesso, che nemmeno esiste, perché i sessi sono due.

Via la festa del papà?

Nella vicina Penisola, un asilo di Viareggio ha abolito la festa del papà per non “discriminare” i bambini che non hanno un padre. E la causa non sono certo le famiglie monoparentali, perché queste esistevano già prima della festa del papà. E’ chiaro che oggi a porre il problema sono i figli con “due madri”, vedi “Elsa ed Emma”. Chiaramente, per parità di trattamento, si arriverà in seguito a cancellare anche la festa della mamma. In caso contrario ad essere discriminati sarebbero i figli con “due padri”. Non passerà molto prima che qualche illuminat* sollevi la questione anche alle nostre latitudini.

Cambiare sesso a 14 anni

Di recente sono state pubblicate le statistiche sui cambiamenti di sesso avvenuti in Svizzera nel 2022. Dal primo gennaio scorso infatti è possibile modificare l’indicazione del proprio sesso semplicemente inoltrando una domanda all’ufficio di stato civile. Chi invece vuole soltanto cambiare cognome deve sottoporsi a defaticanti pratiche burocratiche e produrre perizie psicologiche. Il mondo che gira al contrario.

Ebbene, dalle statistiche emerge che nel 2022 in Ticino le persone che hanno cambiato sesso all’ufficio di stato civile sono state 29: non propriamente delle folle oceaniche. A livello nazionale i cambiamenti sono stati 1171. L’aspetto inquietante è che, tra questi, 39 riguardano ragazzini di età inferiore ai 15 anni. I minorenni godono in Svizzera di ampia protezione. Si parte dal presupposto di una loro mitigata responsabilità. Pensiamo al diritto penale minorile: esso prevede, per reati gravissimi, condanne ridicole. Anche se il colpevole è quasi maggiorenne. Un “minore di 15 anni” (14enne? 13enne? 12enne?) de facto non risponde di eventuali crimini che dovesse commettere; però è ritenuto abbastanza maturo per cambiare sesso. Sono forse questi i primi bei risultati dell’indottrinamento gender a scuola?

Anche Credit Suisse…

Una perla “arcobaleno”, qui la scuola ticinese non c’entra ma l’attualità sì, è stata rivelata di recente dalla Weltwoche online. I programmi tecnologici di Credit Suisse vengono diretti in Gran Bretagna da un manager locale, tale Philipp Bunce. Costui,  a dipendenza dell’umore del giorno, può presentarsi in ufficio come Philipp oppure come Pippa, in quest’ultimo caso con parrucca bionda, trucco e vestitino rosa. Perché il manager è “gender fluid”, ciò che gli ha fruttato nel 2022 il “British Diversity Award”. La (ormai ex) banca, ai tempi, ha commentato dicendosi “orgogliosa di essere un’impresa aperta”. Magari, se invece di pensare alla “promozione della diversità” il management di CS si fosse preoccupato di più delle proprie politiche di investimento, oggi svariate migliaia di lavoratori si troverebbero in una situazione meno marrone.

Lorenzo Quadri