Stampa di regime: c’è ancora chi tenta di mungere. Alla faccia della volontà popolare
Il 13 febbraio 2022, quindi poco più di un anno fa, i cittadini elvetici hanno asfaltato gli ulteriori sussidi alla stampa di regime che governicchio federale e partitocrazia avrebbero voluto elargire (con i soldi degli altri). Ma “naturalmente” gli aspiranti beneficiari scornati ancora tentano di attaccarsi alla mammella pubblica. In sprezzo del ridicolo, il tentativo di mungitura nel nome dell’informazione “di qualità” viene continuamente veicolato da una vistosa fake news (che è appunto la negazione della “qualità”): ovvero, la panzana della “pluralità” della stampa di regime.
1,5 miliardi di sussidi
E’ un dato di fatto: il settore dell’informazione in Svizzera è super-sussidiato. Riceve oltre 1.5 miliardi di franchetti pubblici all’anno. C’è però un problema: la stragrande maggioranza dei sussidi se li cucca la SSR, organo di propaganda politica di $inistra. Essa incassa oltre 1.2 miliardi di franchi all’anno grazie al canone più caro del mondo. Le sue entrate sono costantemente aumentate col passare del tempo: la NZZ calcola che, al netto dell’inflazione, dal 1981 ad oggi siano cresciute del 130%. Apperò!
Chiaramente, questo vistoso squilibrio nella distribuzione dei denari pubblici provoca una distorsione sul mercato. Di conseguenza, se la stampa di regime vuole più soldi, che li vada a chiedere alla SSR. Non di certo ai contribuenti.
Tra parentesi, nel Belpaese il nuovo esecutivo ha previsto l’esenzione dal canone Rai per gli over 75, come misura per contrastare il rincaro. Perché da noi non si fa la stessa cosa? Forse perché il governicchio federale ritiene che “i ricchi svizzeri possono permettersi di pagare” (cit. Ueli Maurer)?
Superati dagli eventi
Il “Think Tank” (=serbatoio di pensiero) Avenir Suisse, contiguo al PLR, in passato si è distinto per le clamorose fregnacce, specie in materia di rapporti con la fallita UE (Avenir Suisse galoppinava lo sconcio accordo quadro istituzionale, che non a caso il PLR definì “L’accordo della ragione, da firmare subito”). Tuttavia, nei mesi scorsi ha pubblicato uno studio dal titolo “Una politica dei media per l’era digitale”. Nel documento – che alle nostre latitudini la stampa di regime ha snobbato – compaiono alcune considerazioni interessanti. Ad esempio, che il canone radioTV è superato anche del progresso tecnologico. Prima della digitalizzazione la separazione tra media elettronici (che ricevono il canone) e cartacei era chiara e netta. Dopo, è andata scemando. Sempre più scemerà in futuro. La SSR redige testi online, così come i giornali stampati, alcuni dei quali pubblicano dei video (il Blick ad esempio ha addirittura la “Blick TV”). Quindi il canone più caro del mondo serve a foraggiare il principale gruppo multimediale del paese. E tra l’altro, giusto per prendere ulteriormente il contribuente per i fondelli, il governicchio federale (Dipartimento Simonetta) ha permesso alla SSR di ciucciare ulteriori 50 milioni quando, a causa della crisi da stramaledetto virus cinese, le entrate pubblicitarie sono diminuite.
Riduzione doverosa
E’ evidente che ridurre il canone a 200 Fr è doveroso in considerazione del fatto che il mondo è cambiato, il panorama mediatico pure, che la TV lineare è un relitto del passato e non la guarda più nessuno, che la popolazione tira la cinghia e che il mandato di servizio pubblico viene sistematicamente violato, perché l’86% dei giornalai della SSR è di $inistra e fa propaganda politica di $inistra spacciandola per informazione. Perfino l’intrattenimento viene strumentalizzato per indottrinare gli utenti secondo le ideologie ro$$overdi.
Senza contare che il gettito del canone aumenta di continuo anche a seguito dell’immigrazione scriteriata. Più economie domestiche uguale più bollette della Serafe!
Cagnolini da compagnia
Quindi: canone a 200 franchi (che sono ancora troppi) e nessun ulteriore sussidio alla stampa di regime, dato che non lo merita. In un recente lavoro di master, una studentessa di Zurigo ha esaminato 42mila articoli sulla pandemia di stramaledetto virus cinese pubblicati su 48 testate tra gennaio 2020 ed aprile 2022. La conclusione cui è giunta non è certo sorprendente: i media mainstream hanno fatto da zerbino al Consiglio federale. Gli hanno retto la coda e ne hanno taciuto le cappellate. Spirito critico, zero. Altro che giornalai “cani da guardia del potere”! Cagnolini da compagnia!
Il boss di Ringier ha addirittura ordinato alle redazioni del gruppo di sostenere il kompagno Berset (P$) nella sua politica sul covid. E il ministro ringrazia facendo filtrare notizie in anteprima a beneficio delle redazioni Ringier.
Anche sull’Ucraina…
Il desolante scenario mediatico sperimentato con la pandemia si ripete ora con la guerra in Ucraina. La stampa di regime si limita a pappagallare le veline governative della fallita UE (al servizio degli USA) e del governicchio federale cameriere di Bruxelles, in un inascoltabile coro mainstream. “Pluralità d’informazione” una pippa: chi osa deviare dalla narrazione imposta dalla casta viene denigrato come “putiniano”. Idem chi osa contestare la svergognata rottamazione della neutralità perpetrata su ordine degli eurobalivi e di Washington, le sanzioni-boomerang contro la Russia il cui prezzo lo pagano i cittadini dei paesi sanzionatori, le cifre folli spese per i profughi ucraini quando sempre più svizzeri non raggiungono il minimo vitale, eccetera.
Ogni media è libero di fare la propaganda che più ritiene opportuna, sia chiaro. Ma che non pretenda di farsela finanziare dal contribuente spacciandola per servizio pubblico.
Qui invece assistiamo al paradosso di una stampa di regime che, proprio quando si infescia le pagine di pensiero unico (sulla pandemia, sulla guerra in Ucraina,…) pretende di mungere ulteriori soldi pubblici cianciando di “pluralità”.
Altro che più sussidi statali: certe testate meriterebbero la disdetta in blocco degli abbonamenti.
Lorenzo Quadri