“Divieto di finanziare i produttori di materiale bellico”: i votanti presi per fessi

Altro che guerrafondai! L’iniziativa colpirebbe le rendite pensionistiche e le piccole e medie imprese, con i relativi posti di lavoro

Il 29  novembre i cittadini saranno chiamati a votare su due iniziative partorite dal populismo di $inistra (altro che starnazzare al “populismo di destra”).  Le quali, come praticamente tutto ciò che arriva da quella parte politica, sono contrarie all’interesse della Svizzera e degli svizzeri. Niente di strano: i kompagni sono sovranofobi, internazionalisti, xenofili, islamofili. Pensano solo ad impoverire ed a vessare gli svizzerotti “chiusi e razzisti” a beneficio di migranti economici e di paesi esteri; a praticare la morale a senso unico; a diffondere odio contro chi osa contrastare le fregnacce della gauche-caviar.

Le due iniziative in votazione il 29 novembre, oltretutto, fanno leva sul consueto ricatto morale: chi non le approva è uno spregevole nemico dei diritti umani, un criminale ambientale, un guerrafondaio!

Due ciofeche

Sull’irresponsabile iniziativa “per imprese responsabili” (NON multinazionali, come maldestramente tentano di far credere i promotori con le loro fake news: imprese! E per imprese si intende tutte, comprese quelle piccole) il Mattino ha già scritto. Vale la pena dedicare un po’ di spazio anche alla seconda ciofeca (=caffè scadente) ro$$a in votazione il 29 novembre. Ovvero l’iniziativa “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico”. Trattasi di iniziativa lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE); e già questo sarebbe motivo più che sufficiente per votare un bel NO grande come una casa.

I divieti già ci sono

Ma di motivi per votare NO ce ne sono, ovviamente, anche parecchi altri. Motivi di merito.

In Svizzera la fabbricazione di armi atomiche, biologiche, chimiche, di mine antiuomo e di munizioni a grappolo è già vietata. Allo stesso modo, è vietato commerciarne e finanziarne la produzione. L’iniziativa del GSsE prende ora di mira tutti i produttori di armi, ma soprattutto quelli di componenti di armi. E lo fa in un modo che danneggerebbe il mercato del lavoro, l’AVS e le casse pensioni.

Quindi, ancora una volta – come accade con la devastante libera circolazione delle persone, come accade con i demenziali ecobalzelli – $inistra CONTRO i lavoratori. 

PMI nel mirino

Colpite dal nuovo divieto (i kompagnuzzi ormai più che tasse e divieti non sanno inventarsi) sarebbero quindi le aziende che fabbricano armi. Ma anche e soprattutto quelle che fabbricano delle componenti di armi. E che con tale produzione realizzano oltre il 5% (!) della propria cifra d’affari annua.  Quindi una piccola quota. A venire centrate in pieno sarebbero sia grandi imprese come Boeing, Airbus, Rolls Royce: esse producono, tra l’altro, manufatti che vengono utilizzati nella fabbricazione di “materiale bellico” (NB: un aereo da combattimento è materiale bellico). Ma anche e soprattutto tante piccole e medie imprese del settore della metalmeccanica. Con i relativi posti di lavoro. Chi, ad esempio, fabbrica ugelli o turbine per aerei da combattimento, verrebbe “messo al bando”.

Meno rendite pensionistiche

A dar retta all’iniziativa populista del GSsE, non già chi fabbrica armi proibite, ma chi nella totalità della propria produzione ha più di un 5% di componenti (!) di materiale bellico legale (come potrebbero essere le parti di aerei da combattimento; questi ultimi sono tra l’altro stati approvati in votazione popolare) non potrà più essere “finanziato” dalla Banca nazionale, dalle casse pensioni, dall’AVS.

Cosa si intende per finanziato? Vuol dire che gli istituti testé citati non potranno più detenere né azioni delle società colpite dalla nuova fatwa ro$$a, e nemmeno fondi azionari che ne contengono. Se ne possiedono, dovranno disfesciarli nel giro di 4 anni.

Ciò significa che AVS e casse pensioni, grazie alla bella pensata $inistrata, dovranno rinunciare ad un’ampia gamma di prodotti finanziari che rendono. E dunque, anche i rendimenti pensionistici si ridurranno. Chi ne pagherebbe le conseguenze? Ma i lavoratori, è ovvio!

Niente più crediti

Non è ancora finita. L’iniziativa chiede che la Confederazione si adopri affinché il divieto di finanziamento proposto venga esteso a livello nazionale ed internazionale (!) anche a banche ed assicurazioni. Quindi, le piccole e medie imprese che rientrerebbero nella fantasiosa definizione di “produttori di materiale bellico” indicata dall’iniziativa (più del 5% della loro produzione è di componenti di detto materiale) non potrebbero più ricevere crediti dalle banche svizzere.

Domandina facile-facile: quante piccole e medie imprese finirebbero nella palta grazie ad una simile regola fuori di zucca, che naturalmente non esiste da nessun’altra parte del mondo? Quanti posti di lavoro verrebbero cancellati? A lasciare gli svizzeri disoccupati ed in mutande non bastavano la crisi da stramaledetto virus cinese e la devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia? Dovevano proprio arrivare anche i $inistrati con le loro fetecchiate pseudo-moraliste?

Ma diamoci un taglio! Il 29 settembre, tutti a votare due NO!

Lorenzo Quadri