Il CdS uscito dalla seduta costitutiva di giovedì è una fotocopia di quello dello scorso quadriennio per quel che riguarda l’attribuzione dei dipartimenti. Tutti gli uscenti si tengono i loro, Christian Vitta eredita il DFE da Sadis.
Appunto, il DFE. Zali aveva detto di essere pronto a prenderne le redini. Avrebbe dovuto pretenderle? Al proposito alcune considerazioni.
1) La Lega si è assunta la responsabilità delle finanze a Lugano. Che, nell’aprile di due anni fa, erano in una situazione peggiore di quelle del Cantone oggi. In quest’ambito, come dimostra il Consuntivo 2014 della città, con Michele Foletti sta facendo un ottimo lavoro. In campo di assunzione di responsabilità, dunque, la Lega non deve dimostrare nulla.
2) I due ministri leghisti hanno dimostrato – e le ottime votazioni personali di entrambi lo confermano – di lavorare molto bene a capo dei dipartimenti Territorio ed Istituzioni, che non sono peraltro dipartimenti facili.
3) Christian Vitta ha subito dichiarato pubblicamente il proprio interesse per il DFE. Non si può negare che, per formazione e curricolo professionale, tra i cinque “ministri” Vitta sia quello con le competenze più adatte per occuparsi di Finanze ed Economia. Un njet alla richiesta del neo-eletto Consigliere di Stato avrebbe dunque avuto solo motivazioni di tipo partitico. Questo genere di motivazioni sono contrarie allo spirito leghista che ha sempre voluto dare la precedenza alle competenze personali (non esitando, vedi il caso della presidenza AET, a fare spazio a persone di altra provenienza politica quando queste dimostrano di possedere le qualifiche migliori).
4) PLR e Lega assieme totalizzano 46 seggi in Gran Consiglio (maggioranza assoluta). Il che di per sé non vuole dire molto: le votazioni compatte in casa liblab sono un’utopia. Ma evidenzia la necessità per le due formazioni di trovare delle intese per governare;
5) L’ex partitone come noto ha un solo seggio governativo, pur avendo pochi punti percentuali in meno della Lega. L’aspirazione politica a dirigere un dipartimento ritenuto (a torto o a ragione) “di peso” è legittima. E a questo scopo il PLR ha un Consigliere di Stato indubbiamente competente; diversa la situazione se fosse stato eletto Bertini.
6) Strappare il DFE al PLR in presenza di soli argomenti partitici, quando l’ex partitone aveva l’aspirante meglio qualificato, avrebbe significato iniziare la legislatura con una frattura insanabile tra le due forze maggiori: con tutte le conseguenze del caso in campo di governabilità (o piuttosto, ingovernabilità) e dunque del raggiungimento di soluzioni concrete ai problemi dei ticinesi. L’ex partitone, imponendo irresponsabilmente una campagna elettorale di 10 mesi, ha già paralizzato un gran numero di decisioni importanti. Prendere a pesci in faccia il neo-ministro liblab già nella seduta costitutiva del governo non sarebbe certo stato un buon inizio di collaborazione.
7) E’ chiaro che non si potranno accettare dal nuovo direttore del DFE altri quattro anni di politica del “sa po’ fa nagott” e del servilismo nei confronti della ministra del 5% Widmer Schlumpf fotocopiati da chi l’ha preceduto (che speriamo non sia anche lei portata a casa i faldoni). I due ministri leghisti dovranno assolutamente scongiurare uno scenario del genere. Una responsabilità non da poco.
8) Non è detto che in un prossimo futuro il governo possa decidere di ridisegnare i dipartimenti, in particolare separando l’economia dalle finanze, sul modello del Consiglio federale. In questo caso si rimescolerebbero le carte.
In conclusione, dunque, l’attribuzione dei Dipartimenti uscita dalla seduta costitutiva appare come la più sensata.
Lorenzo Quadri