Il divieto di burqa arriva a Berna
Nell’ultima giornata della sessione parlamentare delle Camere federali attualmente in corso, vale a dire il 28 settembre, il Consiglio nazionale voterà anche su un’iniziativa cantonale presentata dal Canton Argovia nel settembre 2010, che chiede di vietare il burqa nei luoghi pubblici.
Il gesto del Canton Argovia è senza dubbio coraggioso. E deve far riflettere. Perché viene da un legislativo cantonale.
In Ticino, un’iniziativa popolare costituzionale dai contenuti analoghi è stata presentata da un comitato presieduto dal Guastafeste Giorgio Ghiringhelli (in cui la Lega era ben rappresentata) ed ha raccolto ben 12mila sottoscrizioni. Ne sarebbero bastate 10mila. Le firme sono state consegnate nell’aprile dello scorso anno.
L’iniziativa non è ancora approdata davanti al Parlamento. La Commissione delle Petizioni del Gran Consiglio ha audizionato, qualche mese dopo, alcuni rappresentanti del Comitato promotore. Dopodiché è calato un velo (integrale) di silenzio. Inutile dire che, nel corso dell’audizione, alcuni commissari della solita parte politica si sono segnalati per le imbecillità politikamente korrette profferite a sbalzo.
Il precedente
Si ricorderà che la maggioranza del Gran Consiglio ticinese respinse a larga maggioranza un’iniziativa volta a vietare la costruzione di minareti in Ticino. Gli iniziativisti vennero come di consueto trattati da razzisti e delinquenti. Qualche mese dopo il popolo votò sul tema, e approvò il divieto a larga maggioranza: sconfessando così nella maniera più clamorosa possibile i parlamentari politikamente korretti, sostenitori della multikulturalità «completamente fallita» (Merkel dixit) nonché spalancatori di frontiere. Tutto lascia supporre che il copione si ripeterà per l’iniziativa contro il porto del burqa nei luoghi pubblici. Con i parlamentari che strilleranno al razzismo ed il popolo che, invece, approverà la proposta.
Il “clic”
Nel Canton Argovia, invece, a chiedere l’introduzione del “divieto di burqa” un parlamento cantonale. Un parlamento ben più realista della maggioranza di quello ticinese, succube del sacro dogma del politikamente korretto. Il Legislativo argoviese si è accorto che non si può tollerare che cittadini islamici residenti in Svizzera vi importino delle usanze, che nemmeno sono precetti religiosi (ma se anche lo fossero, non cambierebbe nulla) che fanno a pugni con i principi più elementari del nostro stato di diritto; a partire dal tanto decantato principio della parità tra uomo e donna. Perché il burqa è molto più di un pezzo di stoffa. Forse qualcuno non si rende conto che si comincia col burqa e poi si finisce con la creazione di leggi speciali, in casa nostra, per i musulmani. E questo stesso qualcuno, non si rende nemmeno conto che se il problema burqa non viene bloccato subito sul nascere, tra qualche decennio, visto l’aumento esponenziale dei musulmani in Svizzera, anche le donne elvetiche saranno costrette a portare il burqa nel proprio paese se non vorranno venire trattate da svergognate ed aggredite, magari non solo verbalmente, per strada.
Nel Canton Argovia il “clic” è scattato. Su quello che deciderà la Camera del popolo il prossimo 28 settembre, non ci si possono fare troppe illusioni. Ma qualcuna, piccola piccola, magari sì. Proprio un anno fa, nel settembre 2011, il Consiglio nazionale approvò a maggioranza – contro il parere del Consiglio federale; ma che strano! – una mozione dell’udc vallesano Oskar Freysinger che chiedeva l’introduzione di un divieto di burqa “parziale”, limitato agli sportelli pubblici. Chissà che magari non cominci a farsi strada, anche nei deputati federali, una qualche illuminazione?
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi