Chi liberamente sceglie la via dell’aborto quale “contraccezione a posteriori” deve assumersene anche le responsabilità finanziarie, stipulando un’assicurazione complementare

Il 9 febbraio i cittadini svizzeri saranno chiamati ad esprimersi anche sull’iniziativa popolare “il finanziamento dell’aborto è una questione privata”.

L’iniziativa, è bene chiarirlo subito, non intende vietare l’aborto, ma chiede che esso non venga più finanziato tramite l’assicurazione malattia di base, bensì stipulando una prestazione complementare. Nel caso in cui la gravidanza mettesse in pericolo la salute della madre o fosse dovuta a violenza carnale, l’aborto rimarrebbe comunque coperto dall’assicurazione di base.

Europeisti
Chi si oppone all’iniziativa obietta che i costi della gravidanza e del parto sono coperti dall’assicurazione di base e quindi ciò deve continuare a valere anche per l’aborto. Ma la differenza tra le due situazioni è abissale. Le casse malati giustamente coprono quei costi che servono a tutelare la vita, come è il caso della gravidanza e del parto; l’aborto, al contrario, serve a distruggere la vita, e quindi imporne il finanziamento a tutti i cittadini è un’assurdità anche di principio. Da notare che una sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea precisa che l’embrione è una forma di vita con piena dignità umana. Stranamente, ma guarda un po’, i turboeuropeisti nostrani questa volta non se ne curano…

Questione di responsabilità

L’iniziativa “il finanziamento dell’aborto è una questione privata” mira a far diminuire i costi dell’assicurazione di base e a rafforzare il principio di responsabilità, che sta alla base di quel “modello elvetico” con cui tanti si sono riempiti la bocca a sproposito anche in tempi recenti (sentire infatti sostenitori degli accordi bilaterali e delle devastanti “aperture” all’UE, ovviamente sempre a senso unico perché siamo sempre e solo noi che ci dobbiamo “aprire”, parlare di “modello elvetico” è roba da far rizzare i capelli in testa).

L’aborto non è, e nemmeno può diventare, un sistema di contraccezione a posteriori. Chi sceglie liberamente (quindi ciò non vale in quei casi in cui la gravidanza costituisce un pericolo per la salute della madre o è la conseguenza di una violenza) di percorrere questa via, se ne deve anche assumere la responsabilità; compresa, ovviamente, quella finanziaria. Il minimo che si può pretendere è che i costi di questa scelta non vengano fatti gravare su tutti i cittadini – i quali già pagano premi di cassa malati che continuano a crescere in modo ingiustificato – compresi quegli uomini e quelle donne che per motivi etici sono contrari all’aborto. Anche queste persone, infatti, hanno il diritto di veder rispettate le loro convinzioni etiche; mentre attualmente pare che meritevoli di rispetto siano solo le convinzioni che rientrano nei canoni del politikamente korretto pseudo-sedicente-“progressista”. Far pagare i costi dell’aborto a chi è contrario a questa pratica è una violazione della libertà di coscienza.

Soprattutto stranieri

Da notare che ad abortire sono soprattutto straniere. Infatti il tasso di aborto tra le donne straniere residenti in Svizzera è oltre il triplo di quello tra le donne svizzere. E il cittadino elvetico paga il conto dell’ennesimo fallimento della cosiddetta società multikulturale.

Non dimentichiamo poi che i costi dell’aborto non sono limitati all’intervento concreto: esso infatti causa non di rado, come dimostra un ampio studio inglese pubblicato nel 2011, disturbi psichici anche gravi tra le donne che vi si sono sottoposte. Il risultato, oltre alla devastazione della qualità di vita delle persone interessate, sono costi sanitari aggiuntivi molto elevati.

E’ indubbiamente nell’interesse di tutti i cittadini, uomini e donne, che i costi dell’assicurazione malattia, i quali come ben sappiamo nel nostro paese hanno raggiunto livelli stellari, calino. L’iniziativa farà anche diminuire il numero degli aborti, ciò che è sicuramente positivo.

Non è accettabile che la collettività tutta sia chiamata a cofinanziare scelte discutibili, fatte spesso da persone straniere; ancora meno accettabile è che alla cassa venga chiamato anche chi si oppone all’aborto per questioni di coscienza. Chi vuole essere libero di ricorrere a questo mezzo, si finanzi un’apposita assicurazione complementare senza far pesare le conseguenze finanziarie delle proprie azioni sulla collettività. Personalmente, il prossimo 9 febbraio voterò Sì all’iniziativa “il finanziamento dell’aborto è una questione privata”.
Lorenzo Quadri