Nei giorni scorsi il Consiglio nazionale ha respinto l’iniziativa popolare “per i trasporti pubblici”. Trattandosi di iniziativa popolare i cittadini dovranno comunque votare.
Tale iniziativa chiede che la metà delle entrate dell’imposta sugli oli minerali venga destinata, per l’appunto, al finanziamento del  trasporto pubblico.
Attualmente l’imposta sugli oli minerali genera circa 3.5 miliardi di entrate all’anno, di cui già un quarto è a disposizione dei trasporti pubblici.
L’iniziativa vorrebbe dunque raddoppiare questa quota-parte.
L’imposta sugli oli minerali viene prelevata agli automobilisti con un preciso scopo: il finanziamento della rete stradale nazionale. E’ una tassa causale. Pertanto va impiegata per lo scopo dichiarato e non per altri. Invece, già oggi si assiste ad un travaso miliardario di fondi dalla strada alla ferrovia.
E prelevare fondi dalla strada non vuol dire prelevarli da un’entità astratta. Vuol dire andarli a prendere, molto concretamente, nelle tasche degli automobilisti. Tasche che diventano sempre più sguarnite.
Gli automobilisti sono dunque considerati delle mucche da mungere, come ben  dice l’omonima iniziativa, lanciata nelle scorse settimane. Iniziativa che ha già raccolto un numero importante di sottoscrizioni: a dimostrazione di come il problema sia sentito.
L’iniziativa per i trasporti pubblici, dunque, vuole addirittura raddoppiare l’ammontare dei fondi impropriamente travasati dalla strada alla ferrovia. Ecco quindi che viene esasperata la consueta contrapposizione tra “strada cattiva” e “ferrovia buona”.  Ciò accade nel nome, ancora una volta, del politikamente korretto.
L’iniziativa misconosce che anche la strada è servizio pubblico. E non ci può essere un servizio pubblico buono ed uno cattivo. E nemmeno una contrapposizione tra servizi pubblici. E neppure  un travaso di mezzi – come accade ora – da un servizio pubblico all’altro.
Inoltre, da qualche mese con via Sicura le sanzioni per gli automobilisti sono state notevolmente inasprite. Al punto da creare anche delle situazioni molto discutibili per rapporto alle pene erogate agli autori di veri crimini, spesso troppo leggere. Ma questo è un altro discorso: ormai le modifiche sono state approvate a maggioranza e, come si suol dire, cosa fatta capo ha.
Da un lato dunque l’automobilista viene criminalizzato, sempre in nome del politikamente korretto che impone che l’auto è cattiva e il mezzo  pubblico, in particolare quello su rotaia, buono. Come se la mobilità individuale, specie nelle regioni discoste, non fosse una necessità.
Dall’altro l’automobilista viene però considerato una mucca da mungere. Quindi dovrebbe venire ringraziato. Non certo continuamente martellato!
Qui, dunque, si pone un problema di mentalità. Gli automobilisti non devono più accettare di venire considerati la fonte di tutti i mali o giù di lì. Sdoganare  questa mentalità significa inculcare, a suon di politikamente korretto, anche negli stessi automobilisti, la convinzione di essere “cattivi” . E, con essa, la rassegnazione ad accettare sanzioni e prelievi sempre più punitivi quasi fossero “cosa buona e giusta”, oltre che inevitabile. Ma non è così.
La strada copre i suoi costi. La ferrovia no. Quindi il problema è della ferrovia e non della strada.
Non dimentichiamoci poi che con l’iniziativa “per i trasporti pubblici” i promotori si prefiggono di ampliare la rete ferroviaria. Ma l’ampliamento comporta non solo dei costi di costruzione. Ad essi vanno aggiunti i costi di gestione e di manutenzione. E come si finanzieranno gestione e  manutenzione? Poco ma sicuro che si tornerà a battere cassa. L’iniziativa va dunque respinta.
Lorenzo Quadri