L’appuntamento con le urne si avvicina
Si avvicina (mancano circa sei mesi) il termine per la messa in votazione dell’iniziativa popolare costituzionale per il divieto di burqa, iniziativa promossa dal Guastafeste e supportata da un comitato interpartitico in cui, come si immaginerà, la Lega era ben rappresentata.
L’appuntamento obbligato con le urne (e che nessuno si sogni di schivare o di rinviare l’oliva) si avvicina, senza che ci siano per ora prese di posizione del Consiglio di Stato e/o del Gran Consiglio sul tema.
Ci sono però alcuni indicatori che devono fare riflettere. In particolare sul fatto che l’iniziativa, bollata dai politikamente korretti come un’iniziativa su un non-problema, diventa invece sempre più attuale. E’ del resto ovvio che rifiutarsi di vedere un problema finché non è troppo tardi per affrontarlo è il modo più sicuro per arrivare alla catastrofe.
Il primo indicatore è il numero di firme raccolte dall’iniziativa costituzionale cantonale “antiburqa”, ossia ben 12mila. E chi cerca di sminuire questa cifra tentando di far passare la tesi che la gente firmerebbe qualsiasi cosa, mente in modo sfacciato. Raccogliere 12mila firme in Ticino è maledettamente difficile e se il tema del Burqa, con tutti i suoi annessi e connessi – perché è chiaro che non stiamo parlando solo di un pezzo di stoffa – fosse un “non problema”, queste firme non sarebbero mai state raccolte. Neanche a piangere in cinese (o in arabo).
Il secondo indicatore è il precedente della votazione popolare sul divieto di costruzione di minareti.
In base all’autodichiarata, ma del tutto inesistente, superiorità morale degli spalancatori di frontiere, multikulturali e politikamente korretti, in Gran Consiglio i firmatari (tra cui chi scrive) di un’iniziativa parlamentare dai contenuti analoghi all’iniziativa popolare federale vennero trattati da razzisti e delinquenti, e l’iniziativa venne silurata. Dalle urne, invece, l’iniziativa è uscita stra-vincente, alla faccia della maggioranza parlamentare che è stata clamorosamente sconfessata.
Il voto federale
Segue, in ordine di tempo, la recente votazione in Consiglio nazionale su un’iniziativa cantonale argoviese che chiedeva appunto l’introduzione di un divieto di nascondere il viso. Iniziativa che è stata sì bocciata dalla Camera del popolo durante l’ultima sessione; ma solo per un paio di voti.
Il problema della difesa della nostra cultura di democrazia occidentale da spinte che vanno nella direzione diametralmente opposta, e che sono incompatibili con i nostri diritti fondamentali, per non parlare dei nostri usi e delle nostre tradizioni, si fa sempre più attuale.
Occorre chiarire, e dimostrare, che non siamo terra di conquista. Soprattutto non si può in nessun caso tollerare che i nostri diritti fondamentali vengano abusati da chi mira a smantellarli in casa nostra per imporre le proprie regole.
La cosiddetta primavera araba, che ha provocato una brusca sterzata in direzione estremismo islamico (altro che democrazia), non è un evento lontano che ci possiamo permettere di ignorare; e non è solo una questione di ondate di finti asilanti troppo spesso dediti alla delinquenza. In Egitto si parla di sharia, di presentatrici televisive e di hostess velate, ciò che in passato era proibito. Idem in Turchia (quella che ha il coraggio di venire a fare le pulci alla Svizzera sul rispetto dei diritti umani).
E’ chiaro dunque che la votazione sul divieto di burqa costituirà una battaglia in difesa dei nostri valori. Tentare di squalificarla come “non problema” è un atteggiamento ipocrita ed irresponsabile, da respingere con decisione al mittente politikamente korretto e, ci si consenta, pure un po’ gnucco.
Lorenzo Quadri