Di accattivante ha solo il nome: se applicata le conseguenze sarebbero un boomerang
Il prossimo 9 febbraio dovremo votare sull’iniziativa popolare denominata “Più abitazioni a prezzi accessibili”. L’iniziativa è stata lanciata dall’associazione inquilini (monopolizzata dal P$) ed è sostenuta, ma tu guarda i casi della vita, dalla $inistra. L’Associazione inquilini, come pure quella dei consumatori, è semplicemente una succursale del partito $ocialista. Quindi, porta davvero avanti gli interessi che dice di difendere, o invece fa politica di partito?
Al di là del titolo accattivante, che è una caratteristica di tutte le iniziative, l’applicazione di quanto richiesto sarebbe un boomerang.
Mai così tanto sfitto
Tanto per cominciare, in Svizzera non ci sono mai stati così tanti appartamenti vuoti come ora: il tasso di sfitto a livello nazionale è del 6.6%. La situazione è particolarmente pesante in Ticino, dove oltretutto si continua a cementificare. Anche a causa dei rendimenti infimi sui mercati finanziari, il mattone resta sempre il bene-rifugio, sia per gli investitori privati che per quelli istituzionali. Si rischia dunque la famigerata bolla immobiliare – il Nano ammoniva al proposito già nel 2012 – in quanto l’offerta di appartamenti “eccede chiaramente la domanda”, come si legge in uno studio federale sul tema.
Occorrerebbe dunque calmierare la situazione, mentre l’iniziativa va nella direzione contraria. Essa vuole infatti imporre in tutta la Svizzera una quota del 10% di alloggi di proprietà di enti di pubblica utilità – ovvero finanziati dal contribuente – e questo senza tenere in nessun conto le differenze regionali. Si costruirebbe, con soldi dei cittadini, anche dove non serve. Addirittura dove sarebbe dannoso farlo. Alla faccia dell’uso razionale del territorio.
Insomma: economia pianificata, imposta dall’alto, incompatibile con il federalismo, irrispettosa della realtà locale e costosissima. L’ennesimo esempio di intervento a pioggia, con effetti controproducenti, quando invece bisogna agire in modo mirato dove ce n’è la necessità. In due parole: un’altra ciofeca di $inistra.
Al proposito vale la pena ricordare che il parlamento federale ha approvato un controprogetto che prevede un credito supplementare di 250 milioni sull’arco di 10 anni per finanziare l’attività delle cooperative abitative di utilità pubblica, le quali potranno attivarsi là dove serve. Ed è di certo significativo che l’Associazione svizzera delle cooperative di costruzione sia contraria all’iniziativa.
Solo il 25%…
Bisogna poi considerare che oggi in Ticino i cosiddetti investitori di utilità pubblica possiedono al massimo il 2% degli immobili. Per raggiungere la quota del 10% prevista dall’iniziativa bisognerebbe di conseguenza costruire 5 volte di più. Questo quando già siamo in un regime di sfitto alle stelle e di bolla immobiliare imminente.
E c’è anche un altro problemino. Che gli alloggi di cosiddetta “utilità pubblica” vengano occupati da persone effettivamente bisognose, non corrisponde al vero. La realtà dice che solo il 25% di questi appartiene alla fascia meno agiata della popolazione. Per contro, il 10% degli occupanti ha un reddito classificato come elevato.
Risanamenti disincentivati
Le contraddizioni non sono finite. L’iniziativa prevede che i risanamenti (quindi le migliorie, non la manutenzione) finanziati con incentivi, anche modesti, dall’ente pubblico non possano comportare degli aumenti di pigione. Quindi, delle due l’una: o i proprietari rinunciano all’incentivo, oppure non risanano proprio. Visto che una buona fetta del parco immobiliare ticinese ha un certo numero di anni e quindi consuma parecchia energia, disincentivare i risanamenti significa invitare a continuare a consumare. Alla faccia del “clima” e dell’ambiente con cui a sinistra amano riempirsi la bocca, ma solo quando fa comodo.
Lorenzo Quadri