Naturalizzazioni facili: perché sull’indipendenza economica siamo al minimo sindacale?
Si torna a discutere di naturalizzazioni. E giustamente. Perché è ora di darci un taglio all’impostazione buonista-coglionista multikulti che vuole che i passaporti rossi vengano distribuiti a tutti, come noccioline. Negli anni scorsi, un deputato P$ (c’era forse da dubitarne?) in Gran Consiglio fece la seguente affermazione: “già il solo fatto che uno straniero richieda la naturalizzazione, dimostra che è sufficientemente integrato”.
Se questo è l’approccio, niente di strano che il passaporto rosso venga regalato senza remore anche a chi diventa svizzero per convenienza, ma del nostro paese non gliene frega un tubo.
La carica dei 101
E purtroppo le derive della partitocrazia spalancatrice di frontiere continuano. Nell’ultima seduta del Consiglio comunale di Lugano, il triciclo è riuscito nella brillante impresa di esaminare ben 101 naturalizzazioni (la carica dei 101, ma la Disney non c’entra). E ne ha respinte solo un paio. Avanti con la fabbrica di Svizzeri!
Nella seduta precedente, la maggioranza PLR-PPD-P$ era riuscita a concedere l’attinenza comunale ad una candidata con un debito di mezzo milione di franchetti (!) nei confronti dello stato sociale. E questo malgrado il preavviso negativo del Municipio. Il mondo che gira al contrario.
Se le domande sono troppe…
E’ quindi evidente che le naturalizzazioni facili continuano ad essere una realtà. Se poi le commissioni delle petizioni dei consigli comunali agendano addirittura le riunioni extra per smaltire – ovviamente con procedura accelerata, il che vuol dire alla “viva il parroco” e senza approfondimenti – le domande di attinenza comunale, è ovvio che c’è un problema. Chissà come mai queste cose accadono sempre quando le commissioni hanno presidenti targati P$?
In ogni caso, è evidente che non sta né in cielo né in terra che a Lugano in un Consiglio comunale arrivino 101 naturalizzazioni in una sola seduta. Se le domande pendenti sono troppe, non si fanno sedute extra e nemmeno si banalizzano le procedure per svuotare i cassetti. Semplicemente, i candidati aspetteranno un po’ più a lungo. In barba ai $inistrati che naturalizzano in massa sperando in questo modo di fabbricarsi l’elettorato, perché tra gli svizzeri di nascita – chissà come mai – non li vota più nessuno.
Doppi passaporto: +40%
Se a Lugano si piange a Mendrisio non si ride dal momento che, come segnalato dal consigliere comunale leghista Massimiliano Robbiani, la maggioranza del Legislativo del Magnifico Borgo è riuscita a naturalizzare due candidati che avevano bocciato l’esame di civica. Secondo i kompagnuzzi, bocciare l’esame non sarebbe un fatto determinante. Chiaro che non lo è, visto che l’obiettivo è quello di trovare scuse per naturalizzare tutti.
Poi ci chiediamo come mai in Svizzera nel giro di 8 anni i doppi passaporti sono letteralmente esplosi, aumentando del 40%.Il che, come noto, permette anche di taroccare le statistiche sugli stranieri.
Integrazione economica
Oltre all’integrazione sociale e culturale degli aspiranti svizzeri, c’è anche un terzo aspetto che non deve essere sottovalutato: la loro integrazione economica.In altre parole: il candidato non deve dipendere dallo Stato sociale. Ed infatti, non si vede perché l’immigrato a carico della socialità elvetica dovrebbe venire oltretutto premiato con la naturalizzazione. Su questo fronte, in Ticino di lavoro da fare ce n’è ancora a iosa. La nuova legge federale, entrata in vigore dall’inizio di quest’anno, prevede che la naturalizzazione sia riservata ai detentori di un permesso di domicilio (permesso C) che vivono in Svizzera almeno da 10 anni e che sono ben integrati. L’integrazione come detto comprende anche l’autonomia finanziaria. Ebbene a tal proposito la legge federale prescrive che il candidato non deve essere stato a carico dell’assistenza per i tre anni precedenti, a meno che abbia restituito le prestazioni percepite (non accade praticamente mai). Ai Cantoni è tuttavia lasciata facoltà di prevedere un periodo d’attesa più lungo. Ci sono Cantoni che l’hanno portato a 5 anni. Altri, come Berna ed i Grigioni, a 10. Il Ticino invece è fermo sui tre: al minimo sindacale! Ebbene, non c’è alcun motivo perché anche da noi non dovrebbe venire introdotta la regola dei 10 anni, visto che in altri Cantoni è in vigore. Cosa stiamo aspettando? Avanti con le iniziative parlamentari in questo senso! Se poi il triciclo spalancatore di frontiere vorrà bocciarle, dovrà mettere fuori la faccia in Gran Consiglio. Con la certezza, va da sé, che i nomi di quanti voteranno a sostegno dei tre anni e contro i dieci, verranno pubblicati sul Mattino.
Lorenzo Quadri