E intanto la stampa di regime monta la panna su un paio di permessi G in meno
Solo la scorsa settimana, curiosamente (ma tu guarda i casi della vita) in concomitanza con l’arrivo nelle case delle schede di votazione sull’iniziativa “per l’autodeterminazione” l’Ufficio federale di statistica ha pensato bene di pubblicare una statistica (farlocca?) secondo cui il numero di frontalieri in Ticino sarebbe leggermente calato.
In particolare si montava la panna, fino a farla diventare burro Floralp, sulla (presunta) diminuzione di 2000 frontalieri nel settore terziario.
Strane amnesie
Chissà come mai, ci si è dimenticati (?) di dire che proprio nel terziario il numero dei frontalieri è quadruplicato nel giro di pochi anni. E questo a seguito della libera circolazione. Grazie partitocrazia!
Nel terziario non c’è alcun bisogno di importare manodopera dal Belpaese: quella ticinese non solo basta, ma avanza a coprire le necessità. A maggior ragione dopo lo sfascio della piazza finanziaria, con le pesanti conseguenze occupazionali del caso, leggi: cancellazione di posti di lavoro.
Per questa catastrofe possiamo ringraziare l’ex ministra del 5% Widmer Schlumpf e la partitocrazia che le ha retto la coda.
E’ quindi evidente che l’esplosione del frontalierato nel terziario è avvenuto a spese dei lavoratori ticinesi.
Cifre incomplete
Naturalmente chi ha montato la panna sulla presunta diminuzione dei frontalieri si è anche “dimenticato” di dire che in ogni caso le cifre ufficiali (anche nella denegata ipotesi in cui non fossero taroccate), sono comunque incomplete. Da un lato infatti i frontalieri in nero non vengono – ovviamente – conteggiati. Quanti sono? Mistero! Ma di sicuro non sono pochi. Anche perché – è bene tenerlo sempre presente – nel Belpaese il lavoro nero è la norma. L’ex premier Silvio Berlusconi ebbe a dichiarare che “sotto il 20% non si può parlare di lavoro nero”.
E poi ci sono anche i frontalieri che si sono trasformati in permessi B, magari farlocchi (ovvero tramite residenza fittizia in Ticino). Al proposito esiste un vero e proprio mercato: vedi l’annuncio per la ricerca di un coinquilino fittizio per un monolocale di cui si parla nella “chicca” pubblicata a pagina 9.
Lo spauracchio
Naturalmente la stampa di regime è corsa, servile, a fare la propria parte, dando la notizia della presunta diminuzione dei frontalieri con la massima enfasi. Quando i frontalieri aumentano, invece, lo spazio dedicato è ben diverso. L’obiettivo, chiaramente, è fare campagna di votazione contro l’iniziativa “per l’autodeterminazione”, ormai assurta ad ennesimo spauracchio di una casta allo sbando.
Chi rompe le uova nel paniere?
Adesso però a rompere le uova nel paniere arriva quella che è davvero un’insospettabile. Ossia la SSR. La quale, non si sa in preda a quale raptus, ha pubblicato sul proprio sito una mappa interattiva dei frontalieri divisi per comune (vedi www.mattinonline.ch). Proprio vero che “on n’est jamais trahi que par les siens”!
Grazie alla cartina interattiva della SSR si scopre così che a Manno i frontalieri sono assai più numerosi degli abitanti (1900 contro 1300). Che a Zurigo (!) ci sono meno frontalieri che a Stabio (3500 contro 3800). E avanti con le amenità.
E poi il triciclo vuole farci credere che va tutto bene, e soprattutto che non dobbiamo mettere a rischio la devastante libera circolazione delle persone votando sì all’iniziativa per l’autodeterminazione?
Chiaro: quest’ultima riesumerebbe il “maledetto voto” del 9 febbraio e quindi la preferenza indigena.
La preferenza indigena è infatti contenuta nella Costituzione, sia federale che ticinese. In base all’autodeterminazione, essa avrebbe la precedenza su un accordo internazionale del piffero come è quello sulla libera circolazione. Per la casta eurolecchina e spalancatrice di frontiere, una vera tragedia.
Lorenzo Quadri