Il compianto Michele Barra, sul tema dei padroncini era intervenuto con energia, dimostrando sensibilità al problema e voglia di agire prima che diventi troppo tardi (invece di limitarsi ad “approfondire i dossier” senza mai decidere, come fanno altri). Claudio Zali, che ne raccoglie l’eredità, ha promesso di fare altrettanto

La scorsa settimana sul Giornale del Popolo  Andrea Gehri, presidente dell’Associazione svizzera delle piastrelle settore Ticino, intervistato sull’invasione dei padroncini, ha detto che il numero degli ispettori presenti sul territorio per effettuare controlli deve essere aumentato drasticamente. Ha sicuramente ragione.

Non solo gli ispettori vanno aumentati, ma anche i controlli in dogana devono conoscere lo stesso incremento. Si ricorda infatti che in occasione dell’ultima, riuscitissima operazione di controllo al confine, su 27 padroncini controllati quelli irregolari erano… 27. Un tasso di illegalità del 100% necessita di interventi. Ma non di interventi blandi, bensì di quelli fatti “con l’artiglieria pesante”.

La domanda che segue l’abbiamo già formulata: è di quelle facili-facili. Tuttavia non sembra trovare una risposta.

Cosa farebbe la Confederazione se tutti i cittadini rifiutassero di pagare l’imposta federale diretta, o di prestare servizio militare, o di adempiere a qualsiasi altro obbligo? Forse che se ne starebbe a guardare con le mani in mano? No di certo. Qui invece abbiamo cittadini stranieri ed aziende estere che non rispettano, ma nemmeno per sbaglio, le nostre regole, e da Berna come si reagisce? Non si interviene e si cita, a sostegno di tale scandalosa inattività, studi taroccati della SECO. Ovvero studi realizzati da un organo che dipende dal Consiglio federale e che ha il preciso mandato di sostenere la politica del medesimo. Studi secondo i quali la realtà quotidiana del territorio «non risulta», «non emerge», «ma le statistiche dicono che» e via strafalciando.

Prevenzione e repressione

E’ chiaro che si è passato ogni limite e che quindi occorre intervenire con una serie di misure, sia preventive che repressive.

Per la repressione: aumento degli ispettori, controlli a go-go in dogana (più ce n’è meglio è) e sanzioni più pesanti (perché se pagare le multe conviene di più che essere in regola, ben si capisce come mai il sistema non funziona).

Ispettori e controlli hanno un costo. E allora? Punto primo, si finanziano da soli con le contravvenzioni, punto secondo, se anche così non fosse, il conto la paga la Confederazione visto che ha esposto il Ticino alle conseguenze della devastante libera circolazione delle persone raccontando un sacco di fandonie sui “vantaggi” che quest’ultima avrebbe portato (non se ne è realizzato nemmeno uno).
Davanti a tassi di illegalità del 100%, come avviene con i padroncini, a precisa proposta di potenziare gli ispettori incaricati dei controlli (presentata dal sottoscritto sottoforma di mozione negli scorsi mesi) il Consiglio federale risponde che “l’è tüt a posct”, che si fa già abbastanza! Come si faccia a sostenere, davanti ad un tasso di illegalità del 100%, che “si fa abbastanza” rimane un mistero impenetrabile.

Per quel che riguarda la prevenzione, ci si può sbizzarrire: ovviamente occorre sistemare, ma subito, la questione dell’IVA che i padroncini non pagano sotto i 10mila Fr. Poi, abolire le notifiche online e trasmettere all’autorità fiscale italiana tutte le informazioni necessarie su chi viene a lavorare in nero in Ticino. In quest’ambito, alla vicina Penisola viene a mancare un indotto fiscale enorme, visto che i padroncini e le ditte che come cavallette si fiondano sul mercato ticinese le tasse non le pagano da nessuna parte. All’Italia, però, questo mancato gettito non sembra interessare, mentre continua la guerra economica alla Svizzera a causa dei rimasugli del segreto bancario. Come mai? Forse perché in fondo Oltreconfine va bene a tutti che i padroncini invadano il Ticino devastando il mercato del lavoro locale perché, se non lo facessero, ci dovrebbe pensare lo stato italico a mantenerli?
Lorenzo Quadri