Preferenza indigena light, misure accompagnatorie e salario minino non servono ad un tubo

Lo sappiamo da un paio di settimane: alla fine del terzo trimestre dell’anno di disgrazia 2022 i frontalieri presenti in questo sfigatissimo Cantone erano quasi 78mila (per l’esattezza 77’732). Tuttavia, a dimostrazione della propria malafede e della propria coda di paglia, la stampa di regime – mainstream ed immigrazionista – continua a parlare di “77mila”.

Naturalmente questa è solo la cifra ufficiale. Perché poi ci sono anche i frontalieri in nero.

Intanto il tasso di disoccupazione ILO (che non è quello taroccato della SECO) del Ticino è superiore a quello della Lombardia.

Grazie, partitocrazia!

Non servivano certo le statistiche ufficiali per accorgersi del disastro in atto sul territorio. Tra qualche mese i permessi G (ufficiali) saranno 80mila. Per questo scempio possiamo ringraziare la partitocrazia, che ha voluto la devastante libera circolazione delle persone. Particolarmente allarmante la crescita dei frontalieri su base annua: ben il 4.2%. Una vera impennata.

Gli ultimi dati confermano che l’esplosione avviene nel settore terziario, dove i frontalieri in due decenni sono più che quadruplicati. Ormai oltre due terzi di loro  lavora nel terziario: ovvero dove non c’è alcuna carenza di manodopera indigena. Infatti, ma tu guarda i casi della vita, il 66% dei disoccupati ticinesi proviene proprio da questo settore. Solo il 16% dei permessi G è impiegato in ambiti nei quali c’è effettivamente “penuria” di personale, ed il loro numero rimane tendenzialmente costante.

Il colmo è che i frontalieri aumentano anche in tempo di crisi, ossia quando gli impieghi diminuiscono. E adesso sul mercato del lavoro ticinese si affacciano pure i profughi ucraini.

Le ciofeche

Le cifre di cui sopra dimostrano che la cosiddetta preferenza indigena light, ovvero lo squallido espediente con cui a fine 2016 la partitocrazia rottamò la preferenza indigena “vera” votata dal popolo, non serve ad un tubo. Tale ciofeca è infatti in vigore dal luglio 2018. E non ha sventato l’assunzione di un singolo frontaliere. Altrettanto inutili sono le famigerate misure accompagnatorie alla libera circolazione delle persone: di fatto, dei cerotti sulla gamba di legno. Flop integrale anche per il salario minimo voluto dalla $inistra e dai $indakati. E non è certo una sorpresa. Ai $indakati l’invasione da sud va benissimo. Perché anche i frontalieri si sindacalizzano e pagano le loro brave quote di affiliazione. Così i $indakati s’ingrassano. Del resto UNIA ha un patrimonio di UN MILIARDO, il che ne fa uno dei maggiori capitalisti del Paese (altro che “lotta di classe”).

E la sostenibilità?

E’ chiaro che un numero di frontalieri come quello attuale non risponde ad alcuna esigenza economica del Ticino. Ed infatti un paio di anni fa l’ex vicepresidente della Banca nazionale svizzera Jean-Pierre Danthine (non il Gigi di Viganello) dichiarò che la libera circolazione delle persone non serve all’economia, ma è una questione ideologica.

L’invasione da sud è inoltre la negazione di quella sostenibilità con cui la partitocrazia ama sciacquarsi la bocca, gauche-caviar in primis. Infatti quasi 80mila frontalieri sono del tutto insostenibili per il Ticino sotto ogni punto di vista: occupazionale, sociale, ambientale, viario, infrastrutturale, energetico…. Curiosamente però i $inistrati paladini della sostenibilità non hanno nulla da dire sulla clamorosa insostenibilità di questa invasione da sud. Al contrario: denigrano chi osa emettere un “cip” berciando accuse di razzismo e fascismo. Altrettanto curioso è che proprio la $inistra statalista si oppone istericamente ad interventi regolatori dello Stato nell’immigrazione, frontalierato compreso. In quest’ambito i kompagnuzzi  rifiutano schifati il magnificato “Stato forte”: vogliono l’immigrazione selvaggia, senza regole né limiti. Ro$$overdi allo sbando! Tutto e il contrario tutto!

L’invasione da sud mette a rischio anche la coesione nazionale poiché i ticinesi, che Berna ha svenduto alla Lombardia, si sentono sempre meno svizzeri.

I disastri del PLR

Lasciando da parte l’ormai irrecuperabile $inistra spalancatrice di frontiere ed anti-svizzera – le cui priorità sono la lingua “trans-inclusiva” e la distribuzione di assorbenti igienici nelle scuole – l’ex partitone non ha certo combinato meno disastri. E’ il caso di ricordare che:

  • Ai tempi della votazione popolare sugli accordi bilaterali (maggio 2000) l’allora presidente del PLR Fulvio Pelli dichiarò pubblicamente che “grazie alla libera circolazione delle persone, i nostri giovani potranno lavorare a Milano”.
  • La ciofeca denominata preferenza indigena light, di fatto una NON preferenza indigena, è in buona parte farina del sacco liblab (relatore in consiglio nazionale fu un politicante PLR, il solettese Kurt Fluri).
  • L’ex partitone ha definito lo sconcio accordo quadro istituzionale “l’accordo della ragione, da firmare subito!”.
  • La ministra giustizia PLR Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS), quella del prolungamento ad oltranza dello statuto S, ritiene che quasi 80mila frontalieri in Ticino siano una figata pazzesca e non ne vuole sapere di clausole di salvaguardia del mercato del lavoro ticinese.

Clausole di salvaguardia subito!

Qualsiasi Paese, confrontato con una situazione del genere, avrebbe già decretato una moratoria sui permessi G. Almeno per il Ticino, dove i frontalieri costituiscono un terzo degli occupati, ed il 52% (!) dei lavoratori è straniero: quindi gli svizzeri sono ormai in minoranza (10 anni fa la suddivisione era 45% stranieri e 55% svizzeri). Ma naturalmente i camerieri bernesi di Bruxelles non ne vogliono sapere. E non ne vogliono sapere nemmeno di una clausola di salvaguardia del mercato del lavoro ticinese, malgrado la sua necessità sia evidente. Questa clausola, la Lega l’ha chiesta a più riprese a Berna. E’ chiaro che tornerà alla carica. Del resto anche il Belpaese è sempre più consapevole che l’esplosione del frontalierato è perniciosa pure per la fascia di confine italiana (fuga di cervelli e di competenze). Ed infatti  sta cercando di inventare dei sistemi per arginarla. Addirittura progettando di utilizzare a tale scopo parte dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri.

Una clausola di salvaguardia del mercato del lavoro ticinese è dunque un tema di interesse comune italo-svizzero.  E per noi è importante poterla indirizzare in modo funzionale alle necessità del nostro territorio. Governicchio federale, governicchio cantonale e partitocrazia, sveglia!

Lorenzo Quadri