Come volevasi dimostrare, la $inistra vuole promuovere l’islamizzazione della Svizzera

Ma guarda un po’: il kompagno Christian Levrat, presidente del P$$ nonché nemico giurato del 9 febbraio, ha pensato bene, dalle colonne della compiacente stampa domenicale d’Oltralpe, di dire sua sull’Islam. Ma il buon Levrat pontifica pure  sui finti rifugiati che premono sul confine di Chiasso. Questo mentre esponenti ticinesi del suo partito fomentano l’immigrazione illegale ed organizzano allo scopo trasferte a Como.

La prima belinata

Ma procediamo con ordine: una belinata per volta.

La prima: il kompagno Levrat vorrebbe che nel nostro paese l’Islam venisse riconosciuto come “religione ufficiale”. Motivo? “Ciò eviterebbe di lasciare la formazione ed il finanziamento degli imam a cerchie esterne, col rischio del fondamentalismo”.

Ohibò. Il presidente $ocialista, per dirla con i Pellerossa, “parla con lingua biforcuta”. E pensa di far fesso il popolino. L’obiettivo della sinistra multikulti è sempre lo stesso: sdoganare l’islamizzazione della Svizzera, promettendo contropartite che non ha alcuna intenzione di mantenere. Chiaro il disegno: cominciamo a dare all’Islam lo status di chiesa ufficiale in Svizzera, al pari di quella cattolica e riformata, così poi magari un domani potremmo… e avanti con la vendita di fumo.

Eh no, caro Levrat. Non ci caschiamo. Come recita un noto slogan: “non siamo mica scemi”. Questo è un paese cristiano da 1500 anni. Su tale base è cresciuta la nostra società. L’Islam con la Svizzera non c’entra un tubo: nel nostro paese è una presenza di un qualche rilievo numerico solo da pochi anni, a seguito dell’immigrazione scriteriata che tanto piace ai kompagnuzzi.

Sicché, di riconoscimento dell’Islam come religione ufficiale del nostro paese se ne potrà riparlare magari tra 1500 anni.

E’ già fattibile

Ma soprattutto: non è affatto vero che tale riconoscimento è necessario per controllare i finanziamenti di moschee e centri culturali islamici in Svizzera, sui quali si riversano – come ha dichiarato l’attivista dei diritti umani Saïda Keller Messahli – fiumi di denaro provenienti da paesi in cui impera l’intollerante islam wahhbita.

Allo stesso modo, non è vero che per imporre l’utilizzo della lingua locale nelle moschee è necessario il riconoscimento costituzionale dell’Islam. Ma chi si crede di prendere per i fondelli? Vietare i finanziamenti esteri alle moschee ed imporre di usare la lingua locale è già perfettamente fattibile ora. Solo che i politikamente korretti, a partire dal Consiglio federale – quello che è contrario pure al divieto di burqa, perché “bisogna aprirsi” – non ne vogliono sapere. E blaterano di “limitazioni massicce della libertà di religione” (uella).

Ohibò. Qui si parla di evitare che l’azione dei sostenitori dell’estremismo islamico presenti in Svizzera venga foraggiata con paccate di soldi in arrivo dal Qatar, dall’Arabia saudita o dalla Turchia. In che modo ciò impedirebbe a chicchessia di praticare la propria religione? Se questi sono gli argomenti del Consiglio federale, siamo proprio alla frutta.

Trucchetti

Cosa accadrebbe nella denegata ipotesi in cui l’Islam dovesse ricevere lo status di religione ufficiale? Che quando si chiederà la contropartita pattuita, ossia il divieto di finanziamenti esteri ed il controllo sui contenuti delle prediche, gli spalancatori di frontiere – P$ e Consiglio federale in primis – ribadiranno: “Sa po’ mia! E’ una massiccia violazione della libertà di religione! Vergogna, razzisti islamofobi!”.

Il kompagno Levrat, nei molti (troppi) anni di presidenza del P$$, dovrebbe pur avere imparato che questi trucchetti ormai non ingannano più nessuno.

La seconda belinata

Seconda belinata del buon Levrat, questa più creativa della precedente: mandiamo sul confine di Chiasso (ovviamente gli esperimenti si fanno sempre sulla pelle dei ticinesi) un mediatore (sic!) per valutare le denuncie dei finti rifugiati ed il comportamento delle autorità. Traduzione: delegittimiamo quegli aguzzini di guardie di confine e poliziotti che fanno rispettare la legge e difendono le frontiere.

Qui qualcuno ha voglia di scherzare. Non c’è proprio niente da mediare. La legalità non si media, si impone. Ricordiamo che il rispetto delle regole è quel concetto con cui la $inistra ama riempirsi la bocca quando può usarlo come pretesto per spalancare le frontiere; mentre se la legge prescrive di non lasciar passare, allora scatta il “contrordine compagni”: ci vogliono i “mediatori”!

Come come Calais?

Quindi: i finti rifugiati con lo smartphone vanno sistematicamente respinti. Se poi Como diventa come Calais, ci spiace per i comaschi, ma possono ringraziare il loro premier non eletto e l’inetta Unione europea.

La Svizzera deve tutelare il proprio territorio ed i propri cittadini. Per cui: frontiere blindate!

Lorenzo Quadri