Gli eritrei sono tutti finti rifugiati. Però sono possibili solo rimpatri volontari

Ma guarda un po‘! L’Etiopia e l’Eritrea hanno sottoscritto ufficialmente la pace. De facto la guerra è già finita da un pezzo. Adesso lo è anche de iure.

La situazione nel paese africano è normalizzata al punto che perfino la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) – Dipartimento Simonetta – ha avviato (dice lei) verifiche su 2800 premessi di finti rifugiati eritrei. I quali, come ben sappiamo, sono così in pericolo nel paese d’origine che ci tornano a trascorrerci le vacanze “perché lì è più bello”. Va da sé che ci vanno con i nostri soldi. E gli svizzerotti? Non si accorgono di niente, è chiaro! Basta che i finti rifugiati in questione partano da un aeroporto estero, e nessuno viene a sapere nulla.

Prestazioni sociali esportate

Nel frattempo in Eritrea fioccano soldoni svizzeri. Le prestazioni sociali eccessiveversate ai finti rifugiati in arrivo da quel paese – i quali spesso e volentieri percepiscono più di un anziano elvetico che ha lavorato e pagato le tasse tutta la vita e prestato servizio militare – vengono spedite dai beneficiari nel paese d’origine. Sicché quanti sono arrivati nella Confederella paese del Bengodi, mantengono tutto il parentado con i soldi degli svizzerotti.

E’ evidente che, essendo l’Eritrea ormai pacificata anche ufficialmente, i migranti economici eritrei devono rientrare tutti al loro paese. Del resto non possono far valere alcuna integrazione in Svizzera: quelli che hanno ottenuto di restare, sono pressoché tutti in assistenza. Il numero dei migranti economici eritrei in assistenza, è bene tenerlo sempre presente, nel giro di appena 8 anni è aumentato del 2282%.E continua a crescere. E poi hanno il coraggio di venirci a dire che bisogna tagliare sulle prestazioni sociali degli svizzeri in difficoltà. Che “immigrazione è uguale ricchezza”. Per chi immigra, sicuramente. Per noi no di certo.

Tirare le somme

Sarebbe interessante conoscere il costo totale dei finti rifugiati eritrei per la collettività elvetica. Ossia i costi generati a tutti i livelli istituzionali (Comuni, Cantone, Confederazione) e a tutte le voci di spesa. Perché spesso e volentieri le spese d’assistenza sono “il meno della cavagna”. Ad esse si aggiungono servizi sociali di ogni ordine e grado. Si assiste dunque al festival delle assurdità, con assistenti sociali – pagati alla loro tariffa oraria – che insegnano ai finti rifugiati a fare la spesa o a pulire la casa. Ma naturalmente, chissà come mai, su questa spesa il silenzio è totale. E già: i colleghi di partito della ministra del “devono entrare tutti”, kompagna Simonetta Sommaruga, nel business rosso dell’articolo ci tettano dentro alla grande. Idem dicasi delle associazioni contigue al partito. Quindi, citus mutus. Intanto però in questo sfigatissimo Cantone si infesciano le pagine dei giornali con i rimborsi per le spese telefoniche dei membri del governicchio.

Su base volontaria

Di recente la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) ha deciso il rimpatrio di 20 finti rifugiati eritrei. Il colmo è che qualche spalancatore di frontiere ha ancora avuto da ridire. E c’è di peggio. Con l’Eritrea sono possibili solo rimpatri volontari. E possiamo immaginare quanti dei finti rifugiati che conducono una vita a 5 stelle nel nostro Paese sono disposti ad andarsene volontariamente. Tanto più che in Svizzera non hanno nemmeno bisogno di avere nostalgia del natìo paesello: come detto, ci tornano quando vogliono.

Ma perché in Eritrea sono possibili solo rimpatri volontari? Presto detto: perché il paese africano, ma guarda un po’, non ha firmato rapporti di riammissione. Ohibò. Sicché, dalle parti del Corno d’Africa, gli accordi di riammissione con la Svizzera non vanno bene. Gli aiuti allo sviluppo finanziati dal contribuente elvetico, per contro, piacciono assai.

E gli accordi di riammissione?

Essendo ormai certificato – e suggellato ufficialmente con la firma della pace con l’Etiopia – che gli asilanti eritrei presenti in Svizzera sono tutti dei finti rifugiati, e quindi vanno rimandati a casa dal primo all’ultimo, sottoscrivere un accordo di riammissione con Asmara diventa per la Svizzera  una priorità. Chi deve occuparsene? Ma il ministro degli esteri italosvizzero, l’ineffabile KrankenCassis. Il quale però è troppo impegnato a calare le braghe con Bruxelles, oltre che a fare il prezzemolino in Ticino ad eventi che non c’entrano un tubo con la politica estera (100 anni della SSIC, festeggiamenti della camera di commercio, eccetera) ma molto con la campagna elettorale dell’ex partitone per aprile. Si vede che il tempo da perdere non gli manca. Meno aperitivi e tagli di nastro e preoccuparsi degli accordi di riammissione dei finti rifugiati, che altrimenti rimangono in Svizzera a carico del contribuente, e nümm a pagum!

Lorenzo Quadri