La realtà è sempre la stessa ossia che la Consigliera federale non eletta non ha alcuna intenzione di sostenere il Ticino: anche se qualche rappresentante del nostro Cantone si sta facendo turlupinare…

Cosa hanno in comune la direttrice del DFE Laura Sadis e la ministra del 5% Widmer Schlumpf? Il mantra del “sa pò mia” e la mentalità da leguleia invece che da politica. Per queste signore, la priorità non sono le soluzioni pratiche, ma i cavilli legali. E’ assodato che, per quanto attiene ai ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri,  se si vuole uscirne con qualcosa occorre disdire l’obsoleta convenzione con l’Italia del 1974. Perché è così importante questo tema? Semplicemente perché, dalla sottoscrizione di accordi fiscali Svizzera-Italia, non abbiamo proprio nulla da guadagnarci, ma solo da perderci, se non riusciremo neppure a mantenere in Ticino più tasse dei frontalieri.

Ora, da tempo il nostro Cantone dice che non ci sono alternative alla disdetta da parte elvetica dell’accordo attuale affinché si possa ripartire su nuove basi. Questo messaggio è stato portato a Berna, alla ministra del 5%, ormai in mille salse diverse: atti parlamentari, domande, colloqui, iniziative cantonali, e chi più ne ha più ne metta. La risposta però è sempre la medesima, ossia il solito njet. Questo perché la ministra del 5% s’impunta nel sostenere che, se si disdice l’accordo sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri con l’Italia, decade anche il trattato di doppia imposizione. Invece nei giorni scorsi Michele Rossi, delegato alle relazioni esterne delle associazioni economiche, ha raccontato un’altra storia: ossia che si può benissimo denunciare solo la convenzione sui frontalieri lasciando in piedi  l’accodo di doppia imposizione, perché si tratta di due trattati diversi, sottoscritti anche in anni diversi.

Risultati pratici

In politica non si può ragionare da legulei. Men che meno con l’Italia. La quale si fa forte nei nostri confronti proprio per questo motivo. A un Consiglio federale devono importare i risultati concreti: mica deve scrivere i libri di testo per le lezioni universitarie delle facoltà di diritto.

L’Italia non vuole rivedere l’accordo di doppia imposizione per motivi di tornaconto elettorale. Ha però anch’essa interesse a che la convenzione sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri venga azzerata: con un nuovo accordo potrebbe infatti tassare i frontalieri come il resto degli italiani, adempiendo quindi a quell’obbligo di equità che sta clamorosamente disattendendo da quattro decenni.

 Come noto infatti oggi i frontalieri sono fiscalmente privilegiati in modo insensato nel paragone con i cittadini italiani che lavorano in Italia. Tuttavia, il sempre traballante governo italiano sa benissimo che i frontalieri votano e che dunque chi aumenta le tasse a loro carico perde le elezioni in Lombardia. Sicché si guarda bene dall’intervenire. Ma, se a fare il primo passo fosse la Svizzera, ecco che la stessa Penisola si troverebbe tolta d’impiccio: potrebbe infatti dare la “colpa” alla Confederazione per il cambiamento di regime. Ed incassare almeno 220 milioni di imposte in più dai frontalieri: soldi cui sicuramente la Penisola non si può permettere di rinunciare.

C’è chi si fa raggirare

Questi ragionamenti, per quanto non particolarmente sofisticati, sono però del tutto estranei alla consigliera federale non eletta. La  quale si comporta come se fosse una professoressa di diritto che deve elaborare teorie e non una ministra che deve portare delle soluzioni.

 Widmer Schlumpf dà per scontata, in caso di disdetta della convenzione sui ristorni delle imposte dei frontalieri, anche la decadenza dell’accordo sulla doppia imposizione. Ma si dimentica che quest’ultimo al massimo potrebbe decadere se l’Italia prendesse l’iniziativa in questo senso; un passo che il Belpaese non ha però alcun interesse a compiere, e che quindi non compirebbe. Non solo: come indicato da Michele Rossi, anche dal profilo della teoria si può benissimo sostenere la tesi che i due accordi sono sufficientemente autonomi da evitare che la fine dell’uno comporti anche la fine dell’altro.

Quindi nulla osta alla disdetta da parte elvetica della Convenzione sui ristorni. Se Widmer Puffo si ostina a non muoversi in questo senso, è semplicemente perché non vuole farlo. Non ha la volontà di sostenere il Ticino. Non si può giungere ad una conclusione diversa. Questo tanto per chiarire le idee a chi si sta già facendo turlupinare e pensa di aver notato un atteggiamento “diverso” da parte della ministra del 5%. La realtà è che non è cambiato un bel niente.

Lorenzo Quadri