E’ stato costituito nelle scorse settimane il comitato per l’introduzione del limite di 140 km/h in autostrada. La proposta, lanciata da un gruppo di giovani di vari partiti – principalmente Plr, Destra, Lega – è sostenuta anche dall’associazione dei giornalisti del motore.
La prima reazione davanti ad un’iniziativa di questo tipo è, evidentemente, di sorpresa. E’ infatti la prima volta che si vuole allargare un limite di velocità e non renderlo invece più restrittivo – magari accompagnandolo con sanzioni fuori di zucca.
La sicurezza non c’entra
La proposta viene giustificata col fatto che in autostrada (dove non ci sono altri ostacoli) viaggiare a 140 Km/h non è più pericoloso che viaggiare a 120 Km/h. Non è, in effetti, la velocità a causare incidenti autostradali. Lo stesso UPI (Ufficio Prevenzione Infortuni), notoriamente attento e assai rigido nelle sue prese di posizione, ha dichiarato che “la quantità di incidenti autostradali dovuti alla velocità è talmente esigua da poter essere trascurabile”.
Il limite di 120 Km/h era stato peraltro introdotto provvisoriamente a metà degli settanta, prima il massimo era 130. Poi il provvisorio, come spesso accade, è diventato permanente (un po’ come la stessa vignetta autostradale, del resto). E qualcuno si è accorto che il 120 permetteva di comminare più sanzioni, incassando le relative contravvenzioni.
La ciofeca Via Sicura
Si dirà che 120 o 140 Km/h in autostrada non è il principale problema del Paese. Del resto, nessuno pretende che lo sia. La criminalizzazione dell’automobilista, per contro, è un problema. Essa ha portato alla ciofeca Via Sicura, a seguito della quale un eccesso di velocità senza conseguenze è punito più duramente di una rapina. Non solo: un poliziotto che insegue un delinquente, con Via Sicura va in galera lui. Proprio quello che ci mancava: come se non fossimo già il paese del Bengodi per la criminalità d’importazione.
Incidenti domestici
Lo stesso automobilista accetta ormai con rassegnazione di venire tartassato senza motivo. Chiaro: gli è stato inculcato di essere un pericolo pubblico. Eppure, non c’è alcun paragone tra l’enfasi messa sulla sicurezza stradale e il basso profilo che invece si applica alla sicurezza domestica. Infatti, gli incidenti mortali tra le proprie quattro mura sono ben più frequenti di quelli al volante. Nel 2013 i morti sulle strade sono stati meno di 300. Nel 2010 gli incidenti mortali in casa sono stati invece 1734. Quindi sei volte tanto. Però di questi non si parla mai: per scelta politica/manipolatoria. Ma le cifre non mentono. E lo rendono evidente: la sicurezza è in realtà un pretesto politikamente korretto per giustificare la scelta politica di perseguitare gli automobilisti, per definizione “cattivi” e “pericolosi”. E quindi per inserire divieti sempre più stretti. Accompagnati da sanzioni sempre più pesanti.
La farsa deve finire
La farsa dell’ “automobilista cattivo” deve finire. Per questo l’iniziativa dei 140 Km/h – che concederebbe, dopo 4 decenni di giri di vite, più libertà ai conducenti – sarebbe un sassolino in grado (forse) di far saltare il perverso ingranaggio della criminalizzazione moraleggiante.
Nei mesi scorsi era nato un gruppo di promotori romandi con l’intenzione di lanciare un’iniziativa contro Via Sicura. Se ne sono perse le tracce. C’è dunque da sperare che l’iniziativa dei 140 Km/h abbia miglior fortuna. Non solo per la richiesta in sé. Ma per la necessità di rompere un tabù. Di invertire una tendenza. Di dimostrare che non sta scolpito nella roccia che le libertà del cittadino-automobilista debbano sempre venire limitate in nome di un presunto (ma proprio solo presunto) bene superiore.
Se l’iniziativa per i 140 Km/h in autostrada riuscisse, potrebbe essere l’inizio di una nuova presa di coscienza da parte di una categoria di cittadini, gli automobilisti, ingiustamente trattati come dei nemici pubblici. I nemici pubblici sono altri ed è ora di farlo capire chiaro e forte.
Lorenzo Quadri