Bene, bene: altra bella notizia che fa traballare le cappellate bernesi.

Nel giro di un paio di giorni si è infatti appreso che non solo si sta preparando un’iniziativa popolare per abrogare il grottesco programma Via Sicura (quello che punisce un eccesso di velocità senza conseguenze pratiche più duramente di una rapina) ma che è stato anche lanciato il referendum contro la nuova Legge sulla radiotelevisione (LRTV).

 A promuovere questa la raccolta di firme, l’Unione svizzera arti e mestieri (USAM).

Per quale motivo la nuova LRTV viene contestata? Perché, si ricorderà – da queste colonne ne abbiamo scritto in più occasioni – essa prevede un’aberrante novità. Quella di far pagare il canone a tutte le economie domestiche. Anche a chi non ha né una radio né una TV. Perché è l’USAM ad insorgere, si chiederà qualcuno? Perché anche le aziende, quelle che hanno un fatturato superiore a 500mila Fr anno, dovranno pagare il canone. Il che è francamente assurdo. Se infatti il canone diventa una tassa, lo pagano già sia i titolari delle aziende, sia i dipendenti. Perché dovrebbe pagarlo anche l’azienda? E per cosa? La risposta è scontata. Perché il deplorevole obiettivo della nuova legge è quello di introdurre un nuovo balzello.

Non è un servizio di base

Con la riforma della LRTV approvata in via definitiva dalla maggioranza del Parlamento federale nella sessione autunnale appena conclusa (come spesso accade, la revisione è stato oggetto di un ping-pong tra le due Camere) il canone viene trasformato in una tassa. Il che già concettualmente non sta in piedi. Perché chi non guarda – e non ha intenzione, per necessità o per scelta, di guardare la TV – dovrebbe contribuire al suo finanziamento? Non stiamo certo parlando di un servizio di base ai cittadini. Stiamo parlando della televisione e della radio: che fanno parte del superfluo. E che quindi vanno finanziate solo da chi le usa.

Regalo immeritato

Oltretutto, in questo modo si rafforza ulteriormente, ed in modo immeritato, la posizione della SSR – e quindi della RSI. Ogni cittadino verrà costretto a foraggiarla. Anche se il televisore nemmeno ce l’ha.

Perfino la possibilità di protestare contro la scandalosa partigianeria della RSI – dove probabilmente alcuni politici e/o opinionisti e/o mitomani di $inistra dispongono di un pied-à-terre sopra gli studi, vista la costante presenza in video ed in etere, ormai giunta a livelli da stalking – rifiutandosi di possedere un apparecchio di ricezione viene preclusa. E’ come se i cittadini venissero obbligati a pagare un abbonamento al giornale di servizio del partito delle tasse (LaRegione) (tanto per fare un esempio). Se non è una mentalità da regime stalinista…

Nessuna giustificazione

Le motivazioni per giustificare l’ingiustificabile sono le più classiche arrampicate sugli specchi.  Del tipo: visto che a non avere una televisione “sono in pochi”, ce ne freghiamo dei loro diritti. Bello! La prossima tappa quale sarà? Stabilire che “visto che i ticinesi sono pochi, ce ne freghiamo dei loro diritti”?

Dover pagare il canone più caro d’Europa per una radiotelevisione che viola il mandato di servizio pubblico – il quale presuppone un atteggiamento politico equidistante – è già poco stimolante.

Doverlo pagare anche senza avere una radio né una televisione è, semplicemente, un sopruso. Come tale, non ha alcuna giustificazione.

Quindi, non appena saranno in circolazione i formulari, tutti a firmare il referendum!

Lorenzo Quadri