Come noto, attualmente i padroncini non sono tenuti a pagare l’IVA sulle prestazioni di valore inferiore ai 10mila Fr. Tra l’altro questa soglia massima non è intesa come limite globale ma vale per ogni singolo lavoro. Sicché un mandato di importo superiore può, con un minimo sforzo di fantasia, venire spezzettato in modo da rimare al di sotto dei 10mila Fr.
Si tratta evidentemente di una discriminazione di artigiani ed imprese svizzere nei confronti di quelli dell’Unione europea. Svizzeri discriminati in casa propria, e questa sembrerebbe una barzelletta se non fosse un dramma. E’ chiaro che una cosa del genere può succedere solo nel nostro paese, grazie ai sette fenomeni bernesi.
Quindi, non solo i padroncini in arrivo da Oltreconfine possono permettersi di fare concorrenza sleale agli operatori ticinesi non pagando né tasse né oneri sociali, e nemmeno gli stipendi in uso in Svizzera ad eventuali dipendenti, ma sono esentati anche dall’IVA.
Una situazione che è semplicemente insostenibile.
Tuttavia il Consiglio federale, pur essendo perfettamente consapevole del problema visto che il Ticino al proposito ha insistito più e più volte, avrebbe voluto andare avanti così in eterno. Perché? Perché porre rimedio sarebbe complicato. Quindi per tutelare il Ticino (ma anche altre regioni di frontiera) non si intende fare il minimo sforzo. Ci fosse però stata una discriminazione di artigiani e ditte estere, con lamentele da parte dell’Ue, possiamo stare sicuri che l’attivazione per tacitare i padroni di Bruxelles sarebbe stata immediata.
Tuttavia, contro la volontà del Consiglio federale, La deputazione ticinese a Berna è riuscita a fare in modo che il Consiglio nazionale votasse per l’eliminazione di questa assurda penalizzazione. Potrebbe sembrare un’ovvietà, ma così non è.
In sostanza, grazie ad un lavoro di lobbying da parte di tutti i suoi membri, la deputazione ticinese alle Camere federali è riuscita in un’impresa che, conoscendo la macchinosità delle procedure bernesi, non era di certo scontata.
La richiesta di far pagare l’IVA anche ai padroncini è contenuta nella mozione Cassis. Tuttavia in parlamento le mozioni vengono messe in votazione in ordine cronologico. L’importanza del tema sollevato non riveste alcun ruolo.
Poiché il tema dell’invasione dei padroncini si fa sempre più urgente, la deputazione ticinese nelle scorse settimane aveva inizialmente scritto alla presidenza del Consiglio nazionale per chiedere di mettere la mozione all’ordine del giorno della sessione autunnale attualmente in corso. Ha ottenuto una risposta negativa: prima, figuravano in lista d’attesa 85 altre mozioni; che il Ticino attenda il suo turno.
Di conseguenza, la deputazione ha deciso di proporre una mozione d’ordine, per far mettere la mozione Cassis all’ordine del giorno. Facendo lobbying presso i gruppi parlamentari è stato possibile, la scorsa settimana, far approvare la mozione d’ordine. Data la rigidità delle procedure bernesi, non si tratta di un risultato scontato.
Sicché giovedì si è votato sulla mozione per far pagare l’IVA anche ai padroncini. Malgrado l’opposizione della ministra del 5% Widmer Schlumpf, la demolitrice della piazza finanziaria e della sovranità svizzera si è presa una remenata memorabile, poiché la mozione è stata votata all’unanimità.
La deputazione ticinese è quindi riuscita a far capire a tutti i deputati del Consiglio nazionale che l’invasione dei padroncini in Ticino ha raggiunto proporzioni tragiche. Si tratta di un risultato importante.
Prima che la distorsione venga effettivamente eliminata, passerà ancora del tempo. Ma la decisione è chiara ed inequivocabile. Il Consiglio federale, volente o nolente, potrà solo conformarsi.
Lorenzo Quadri
Presidente deputazione ticinese alle Camere federali