Il Consiglio federale manda a negoziare con gli eurofalliti i sabotatori del 9 febbraio

Ma guarda un po’. Dal famoso voto del 9 febbraio è passato ormai oltre un anno e mezzo. In questo periodo sotto le cupole federali si è però fatto ben poco (eufemismo) per la sua traduzione in realtà. L’impegno bernese è stato però massimo nel farsi dire dai funzionarietti di Bruxelles, come pure da taluni europarlamentari (e, se il livello standard è quello della notoria Lara Comi, siamo a posto) che sulla libera circolazione delle persone “non si negozia”.

Beh, anche il segreto bancario avrebbe dovuto essere “non negoziabile”. Anche il muro ungherese avrebbe dovuto essere solo una boutade fuori di zucca. Invece…

L’uscita di Balzaretti

Naturalmente la diplomazia federale, favorevole all’adesione della Svizzera all’UE, non poteva evitare di combinarne qualcuna delle sue. Vedi l’uscita dell’ambasciatore Balzaretti che ha dichiarato, davanti all’europarlamento, che la Svizzera sarebbe disposta a sottomettersi alla giurisdizione della Corte europea di giustizia sul proseguimento dei bilaterali dopo il 9 febbraio. E chi avrebbe autorizzato una simile, ed impegnativa, dichiarazione? Chi ha deciso che la Svizzera sarebbe d’accordo di sottoporsi alle decisioni di giudici stranieri? Balzaretti? Burkhaltèèèr? Il Gigi di Viganello?

La nomina del negoziatore

Passato, ma non certo archiviato, questo increscioso episodio, ecco che arriva lo psicodramma per la nomina del negoziatore elvetico a Bruxelles. Eh già: la votazione si è tenuta oltre un anno e mezzo fa. Però con la nomina del negoziatore si arriva adesso. Quando oltre la metà del tempo a disposizione – tre anni – per concretizzare la volontà popolare è trascorsa infruttuosamente. O meglio: è stata lasciata trascorrere infruttuosamente di proposito. Ed intanto, tra un “sa po’ mia” e l’altro, gli ambienti economici tentano di fare il lavaggio del cervello agli svizzerotti con i soliti metodi terroristici. E reiterando ad oltranza la panzana dei “bilaterali indispensabili per la Svizzera”.

La Monika non ci sta

Si diceva del negoziatore con Bruxelles. Prima il Consiglio federale – quindi in prima linea il ministro degli Esteri dell’ex partitone Didier Burkhaltèèèèr – voleva affidare l’incarico nientepopodimenoché a Monika Rühl. Il nome di questa signora alle nostre latitudini dirà poco o niente. Ma la Monika (con la k) è la presidente della direzione di Economiesuisse, la Federazione delle imprese svizzere. Economiesuisse è – ma tu guarda i casi della vita – assolutamente contraria al 9 febbraio. Ed in particolare ai contingenti per i lavoratori stranieri: da un anno e mezzo sta infatti facendo di tutto e di più per sabotarli. E’ il colmo: Burkhaltèèèr, esponente del PLR – partito il cui comitato si è espresso all’unanimità contro l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” – avrebbe voluto mandare a Bruxelles a trattare la concretizzazione di un voto popolare proprio chi quel voto lo vorrebbe cancellare dalla faccia della terra. Come mettere la volpe nel pollaio.

Scelto il galoppino di Widmer Schlumpf!

Incassato, e per fortuna, il njet della sciura Monika, l’ineffabile Burkhaltèèèr (PLR) passa al piano B. Ossia: nominare capo negoziatore con gli eurofalliti il Jacques De Watteville. Proprio lui, il galoppino della ministra del 5% Widmer Schlumpf. Quello che da anni sta trattando (in inglese) con l’Italia. Senza venirne ad una. Quello che, in occasione dell’ultimo incontro a Berna con la Deputazione ticinese alle camere federali, pretendeva che la Deputazione in questione si mettesse a fare pressione affinché  1) il Gran consiglio ticinese si rimangiasse la decisione di aumento del moltiplicatore dei frontalieri al 100% e 2) Gobbi rinunciasse alla richiesta dell’estratto del casellario giudiziale prima del rilascio di un permesso B o G.

Immaginiamo cosa possa portare a casa, per gli svizzeri, un negoziatore che, invece di sostenere le posizioni di chi gli paga il lauto stipendio, ossia i cittadini elvetici, tiene su la coda alla controparte. Un po’ come l’improponibile ambasciatore di Svizzera a Roma (tale Giancarlo Kessler, niente a che vedere con le omonime gemelle che se non altro avevano qualcosa da mostrare) il quale va in giro – nelle sedi pubbliche ed anche sui media – a raccontare fregnacce contro la sacrosanta richiesta dell’estratto del casellario giudiziale.

Certo che con una simile diplomazia – che è la prima traditrice della volontà popolare, e che è pure la prima ad infischiarsene bellamente delle sorti di questo Cantone – non c’è da stupirsi se gli svizzerotti vengono sempre, sistematicamente, fregati.

Lorenzo Quadri