Se i ticinesi non possono lavorare ma i frontalieri sì, vuol dire che si è toppato!
Il governicchio si bulla di aver ottenuto da Berna il prolungamento di una settimana della “finestra di crisi”. Ma la “finestra” per tenere le FRONTIERE CHIUSE non l’ha MAI chiesta!
Mercoledì Berna ha concesso il prolungamento di una settimana, fino al 3 maggio, della famosa “finestra di crisi” per il Ticino. Si tratta di una finestra parziale, dal momento che riguarda solo (si fa per dire) il settore alberghiero, l’industria, i cantieri. Le altre attività si allineeranno invece alle decisioni prese dal Consiglio federale.
E’ positivo che il Ticino abbia ottenuto dall’autorità federale una decisione che considera le particolarità regionali. Questo non dovrebbe accadere solo quando è in corso una pandemia. Le peculiarità del nostro Cantone dovrebbero essere prese in considerazione anche in tempi normali.
Manca un pezzo
Tuttavia manca una parte fondamentale, ovvero la questione delle FRONTIERE. E su questo il governicchio non ha fatto cip.
Il Ticino, ormai è chiaro anche al Gigi di Viganello, si è impestato a seguito della contiguità territoriale con la Lombardia, principale focolaio covid dell’Occidente. Contiguità in regime di frontiere spalancate. Se si fossero chiuse le frontiere con il Belpaese per tempo, non ci troveremmo nella situazione di palta attuale. Idem se si fosse chiuso il carnevale di Bellinzona, cosa che non è stata fatta soltanto per non infastidire il comitato PLR del Rabadan ed il municipio radiko$ocialista della capitale. Con il medico cantonale che raccontava che “al Rabadan è più facile trovarsi nella stessa tendina con miss Universo che con un covid positivo”. Certo, come no!
I dati dei contagi e dei morti in questo sfigatissimo Cantone, che sono un multiplo della media svizzera, lo dimostrano: di frontiere spalancate si muore.
L’accesso resta limitato
Le frontiere devono dunque restare chiuse. Ciò vale ovviamente in entrambi i sensi (quindi niente spesa in Italia). Le frontiere restano chiuse non perché si prolunga il lockdown ad oltranza, ma perché si riparte con il personale TICINESE.
Questo vuol dire:
- È giusto che le attività economiche in grado di lavorare in sicurezza riaprano i battenti, con tutte le precauzioni del caso. Anzi, certe attività dove non sussiste alcun rischio di contagio (vedi il giardiniere che pota una siepe da solo in mezzo ad un prato, vedi l’imbianchino che pittura un appartamento da solo, eccetera) non avrebbero nemmeno dovuto essere fermate: non c’era motivo per farlo. I soldi pubblici non crescono sugli alberi. Forse qualcuno non si è reso conto che bloccando l’economia per non aver voluto CHIUDERE LE FRONTIERE per tempo, si stanno bruciando miliardi come coriandoli. Questi miliardi non sono della kompagna Sommaruga o di KrankenCassis. Sono soldi del cittadino contribuente. Inoltre, come è stato ormai ripetuto in tutte le salse, non è tenendo chiuse le attività produttive una o due settimane in più che lo stramaledetto virus cinese sparisce. Il virus ce lo ritroveremo tra i piedi per mesi se non ANNI. E dunque bisognerà conviverci. A meno che qualcuno non preferisca tenere tutto chiuso per morire di fame. Si può girarla e pirlarla come si vuole, ma il concetto è semplice: chi non lavora, non mangia.
- Riapertura graduale delle attività economiche non vuol dire, ma proprio per niente, ripristino della devastante libera circolazione delle persone che va invece drasticamente limitata. In concreto:
- Tutti i padroncini restano a casa;
- I 45mila frontalieri nel terziario restano a casa;
- Nei settori autorizzati a lavorare, riprende prima chi non ha dipendenti frontalieri o ne ha pochi. Chi invece ha assunto permessi G a scapito dei ticinesi, aspetterà;
- Bisogna procedere a controlli sanitari sul confine (misurazione della temperatura).
In due parole: riaprire le attività ma NON le frontiere!
Soldatini allo sbando
Invece, i soldatini del triciclo nell’inutilissima commissione di politica estera del Consiglio nazionale hanno avuto la geniale idea di formulare una delirante mozione in cui chiedono il totale ripristino della libera circolazione delle persone! Ma col fischio!
Questi camerieri di Bruxelles non hanno imparato un tubo dalla pandemia e non perdono occasione per mettere orgogliosamente in mostra la propria pochezza. Altro che ripristino: la libera circolazione delle persone, per colpa della quale ci siamo impestati, deve SALTARE!
Schizofrenia
E’ evidente che chiedere le finestre di crisi per tenere chiuse determinate attività, e però nel contempo lasciare entrare tranquillamente i frontalieri, è schizofrenico e deleterio.
Il CdS ha ottenuto dai camerieri dell’UE in consiglio federale una settimana in più di “finestra” parziale. E le misure sul CONFINE? Al proposito non è stato chiesto un bel niente! Chiaro: il tema è tabù! Cascasse il mondo, ma sulla devastante libera circolazione delle persone non si discute!
Se il risultato dell’allentamento del lockdown è di permettere ai frontalieri ed ai padroncini di lavorare ma ai ticinesi no, vuol dire che si è toppato alla grande. Perché dovrebbe succedere proprio il contrario!
Lorenzo Quadri