Cade la maschera di quelli che montano la panna sulla “famosa” dichiarazione di Gobbi
Uhhh, che pagüüüraaaa! A Roma gli strapagati funzionarietti, giannizzeri di un governo non eletto, tentano di fare la voce grossa contro il Ticino. Il che non sorprende nemmeno troppo: essendo la politica estera di competenza federale, i vicini a sud sono abituati ad avere a che fare con gente che cala immediatamente le braghe. Ancora peggio, con gente che, in caso di diatriba tra Ticino e vicina Penisola, si schiera sistematicamente dalla parte del Belpaese e contro il Ticino: vero kompagna Sommaruga?
Sicché, nell’ottica romana, recriminare è senz’altro un atteggiamento pagante. Lo è sempre stato.
Non c’è alcun errore
Lo spunto per montare l’ennesimo caso-foffa viene dall’ormai “famosa” frase di Norman Gobbi: “E’ stato un errore assumere un italiano all’Ufficio della migrazione”. Assunzione effettuata, come noto, dal predecessore di Gobbi, il PPD Gigio Pedrazzini.
Ribadiamo per l’ennesima volta: Norman ha fatto benissimo a dire quello che ha detto. Non c’è stato alcun errore di comunicazione. Non si assumono stranieri in un ufficio che rilascia permessi di dimora e di lavoro a stranieri. In questi settori sensibili dell’amministrazione pubblica devono lavorare svizzeri, e non di quelli appena naturalizzati. Perché, come già scritto, se il radicamento nel territorio non basta di per sé a garantire l’onestà di una persona, è però un valore aggiunto per chi decide sull’immigrazione. E visto che lo straniero in questione era italiano (calabrese), non si vede per quale motivo, se non per un demenziale parossismo di politikamente korretto, se ne sarebbe dovuta tacere la provenienza.
E’ quindi perfettamente inutile che il triciclo partitocratico PLR-PPD-P$$, supportato dalla stampa di regime, tenti di montare la panna dando all’affermazione del direttore del DI un’inesistente connotazione “italofoba”. Questa operazione ha un unico obiettivo: alimentare la “shitstorm” (=tempesta di cacca) contro Gobbi, che viene attaccato dal citato triciclo solo perché leghista. Il fatto che la partitocrazia e la stampa di regime siano ridotte ad utilizzare simili mezzucci per denigrare il “nemico da abbattere” la dice lunga sulla loro mancanza di argomenti.
“Stranamente” la partitocrazia glissa però sul fatto che gli indagati per i permessi farlocchi sono praticamente tutti stranieri o neo-svizzeri: kosovari, turchi, italiani. L’ultimo finito davanti al Ministero pubblico (notizia di venerdì) è un kosovaro naturalizzato. Quindi, ancora una volta, delinquenza d’importazione!
Attendiamo di sapere…
Intanto attendiamo sempre di sapere dagli amici d’Oltreconfine quanti svizzeri lavorano in uffici amministrativi della vicina Repubblica in cui si rilasciano permessi di dimora e di lavoro a stranieri. Vero ambasciatore Del Panta Ridolfi?
Ironia della sorte, l’ambasciatore d’Italia ha urlato allo scandalo asserendo con pathos che “l’Italia non ha il monopolio della corruzione”, proprio mentre veniva pubblicata la statistica internazionale secondo cui la Penisola è il terzo paese più corrotto d’Europa, dopo Bulgaria e Grecia. Niente monopolio, ma comunque un bel piazzamento sul podio.
Giochino evidente
La partitocrazia non si accorge però che nel tentativo di appagare la propria fregola di vendetta contro l’odiata Lega, sta danneggiando gli interessi del Ticino. O forse, semplicemente, se ne frega.
Dalle cronache sulla trasferta romana del Beltrapresidente del Consiglio di Stato è emerso subito: i rappresentanti italici montano la panna sulla dichiarazione di Gobbi non certo perché “colpiti nell’onore”, ma per trarne ben più concreti vantaggi. Il giochino è evidente. Denunciando il presunto “clima anti-italiano” i vicini a sud mirano ad indurre sensi di colpa negli svizzerotti ossessionati dal politikamente korretto, che vivono nel terrore di vedersi appioppare l’etichetta di xenofobi. Ben presto si è capito che problema vero non è certo la frase di Gobbi. Il problema è la richiesta del casellario giudiziale che infastidisce i frontalieri, ed in generale qualsiasi tentativo ticinese di difendersi dall’invasione da sud. Già, perché questo sempre meno ridente Cantone è e deve rimanere riserva di caccia per le province lombarde limitrofe, estremamente interessanti sotto il profilo elettorale.
L’unica risposta
Ecco dunque servito l’italico ricattino agli svizzerotti: o ritirate tutte le misure che ci danno fastidio – e quindi azzerate tutte le vostre già irrisorie difese contro l’invasione da sud – oppure noi useremo ogni pretesto per continuare a denigrarvi come xenofobi e razzisti. La risposta a questo ricattino può essere una sola: “cari signori, volate basso, schivate i sassi, e ricordatevi delle centinaia di migliaia di vostri connazionali che hanno la pagnotta sul tavolo solo grazie al Ticino”.
Invece la partitocrazia e la stampa di regime, per pure questioni di propaganda antileghista, si allineano all’indignazione ipocrita dei funzionarietti del Belpaese. Lo fanno con la massima goduria, accecate dalla brama di “dare addosso” all’odiato leghista. Ma così facendo danneggiano gli interessi del Ticino. Complimenti, questi sì che sono grandi statisti!
Intanto il Beltrapresidente del Consiglio di Stato, nella sua “vacanza romana”, invece di rispondere a tono agli interlocutori italiani, si cosparge il capo di cenere, straparla di “errore di comunicazione” da parte di Gobbi, gigioneggia e si produce con slinguazzamenti iperbolici sull’ “ottima collaborazione” tra i due Stati. Siamo messi bene.
Lorenzo Quadri