I vicini italici e francesi sono i primi a discriminarci. Poi accusano noi!
Gli eurobalivi discriminano la Svizzera in maniera plateale. Il caso dell’equivalenza delle borse garantita solo per un anno è esemplare. Lo svolgimento di tutta la vicenda sembra ripreso, pari pari, dal Manuale della perfetta presa per i fondelli.
Prima l’UE accorda l’equivalenza senza limitazioni. Poi il presidente non astemio della Commissione europea, Jean-Claude “Grappino” Juncker, arriva in Svizzera a sbaciucchiare la Doris e la Simonetta e ottiene in cambio la promessa dei camerieri dell’UE di versare ai balivi di Bruxelles un regalo da 1.3 miliardi di franchetti. Soldi del contribuente. Che verrebbero versati a titolo di regalo, senza alcuna contropartita. Perché ogni desiderio dei padroni di Bruxelles, per i camerieri bernesi, è un ordine. E non veniteci a raccontare la fetecchiata che questi demenziali “regali” sono nell’interesse della Svizzera e che servono a frenare il flusso migratorio, perché non se la beve più nemmeno il Gigi di Viganello. Di miliardi di coesione ne abbiamo già versati, e non hanno ridotto l’immigrazione di una sola unità.
Il ricatto
Passano un paio di giorni ed i balivi UE, incassata la promessa del miliardo e trecento milioni, fanno retrofront sull’equivalenza delle borse, e ne limitano la durata ad un solo anno. Perché? Perché, nelle trattative con gli svizzerotti, non ci sarebbero stati sufficienti progressi sul fronte dello sconcio accordo quadro istituzionale. Un accordo capestro, ripetiamo per l’ennesima volta, che – se venisse approvato – costituirebbe la pietra tombale della nostra sovranità e della nostra indipendenza. E il colmo è che la partitocrazia starnazza alla “patria in pericolo” (uhhh, che pagüüüraaa!) per denigrare l’iniziativa “No Billag”, però vuole sottoscrivere l’accordo quadro istituzionale!
Contromisure? Non sia mai!
Il Consiglio federale, mica la Lega populista e razzista, ha dovuto dichiarare (sommessamente ed educatamente, sia chiaro) che limitare al 2018 l’equivalenza della piazza finanziaria è “discriminatorio” nei confronti della Svizzera. Sicuramente a Bruxelles saranno stati presi da repentini disordini intestinali davanti ad una dichiarazione tanto bellicosa!
In realtà non solo la Svizzera è discriminata, ma viene anche ricattata in modo vergognoso. Evidentemente gli eurobalivi credono di potersi permettere tutto; perché qualcuno glielo ha lasciato credere. Inutile dire che il Consiglio federale non ha annunciato una chiara revoca della disponibilità a procedere col regalo miliardario (su cui si dovrà esprimere il parlamento). Men che meno ha parlato di adottare contromisure. Non sia mai! E dire che procedere in questo senso sarebbe stato quel che si dice “il minimo sindacale”.
Ci sabotano a loro vantaggio
Nei giorni scorsi è arrivata l’ultima puntata. 11 Stati membri hanno criticato la decisione della Commissione UE di concedere l’equivalenza alla piazza finanziaria svizzera solo per un anno. Tra i firmatari figurano i paesi dell’Europa dell’Est. Chiaro: se il contributo di coesione da 1.3 miliardi salta, sono i primi a perderci. Ma, come spesso accade, più interessante della lista dei presenti è quella degli assenti.
Infatti tra i firmatari non si vedono gli “amici” italici. E nemmeno i francesi. Evidentemente questi paesi, ben lungi dall’essere appunto “amici”, vogliono semplicemente sabotare, a proprio vantaggio, la piazza finanziaria elvetica.
La vicina Penisola, che ad ogni piè sospinto strilla al nostro indirizzo accuse di “discriminazione”, è dunque la prima a voler discriminare la Svizzera: che tolla!
L’Italia ci discrimina, e noi continuiamo a versare i ristorni, non chiudiamo i valichi secondari di notte, e – soprattutto – non applichiamo la preferenza indigena votata dal popolo? I vicini a sud ci prendono per i fondelli in ogni modo e noi nemmeno facciamo quanto è perfettamente in nostro potere per tutelarci? Ma bisogna proprio essere caduti dal seggiolone da piccoli!
Lorenzo Quadri