La censura immigrazionista dilaga. Dove sono i grandi paladini della libertà di stampa?

 

Da una recente inchiesta condotta in Germania è emerso che due terzi della popolazione ritiene che occorra molta cautela quando ci si esprime su temi quali migrazione, asilanti, islam. Questo perché la casta internazionalista, a suon di lavaggio del cervello, ha inculcato nei cittadini il dogma che su simili argomenti non si è affatto liberi di pensare con la propria testa. Bisogna pensare con quella dell’establishment immigrazionista. Altrimenti fioccano le infamanti accuse di razzismo.

Dall’impedire di pronunciare le posizioni che non piacciono alla casta multikulti all’impedire – tramite meccanismi di autocensura – anche di pensarle, c’è solo un passo.

Non siamo  messi meglio

La situazione non è diversa in Svizzera. Anche da noi la criminalizzazione di tutte le posizioni contrarie alle frontiere spalancate a suon di accuse di razzismo è sistematica. Come sistematica è la panna montata sul finto problema del razzismo. E’ infatti chiaro che un paese dove un quarto della popolazione è composto da stranieri (percentuale che non esiste da nessun’altra parte)  non può essere razzista. Il falso problema del razzismo viene gonfiato ad oltranza dalla casta per giustificare le proprie campagne di lavaggio del cervello al popolazzo.

E no, cari signori, non ci siamo!

La disoccupazione in Svizzera è un problema, l’immigrazione incontrollata è un problema, i politicanti del triciclo che svendono la nazione alla fallita UE sono un problema, i premi di cassa malati in continuo aumento sono un problema, il futuro dell’AVS è un problema, la criminalità d’importazione è un problema, l’islamizzazione che avanza anche nelle scuole è un problema, e la lista potrebbe continuare  a lungo. Il razzismo, per contro, in Svizzera non è un problema.

Anche l’ONU

Gli odiatori ro$$i accusano ipocritamente quelli che non sono d’accordo di spalancare le frontiere di “diffondere odio”: da che pulpito! Con questo pretesto, vogliono ridurre gli avversari al silenzio.

L’ONU ha scelto il medesimo “modus operandi”. Qualsiasi posizione che non santifichi l’immigrazione clandestina va etichettata come “discorso d’odio” (hate speech). Poi si starnazza a gran voce che i “discorsi d’odio” vanno proibiti. Obiettivo dell’ONU: far sì che dell’immigrazione si possa solo parlare bene.

Un motivo in più perché la Svizzera esca da questo inutile, anzi nocivo, organismo internazionale!

Dalle opinioni ai fatti

Ma la censura non si limita alle opinioni. Interessa anche i fatti. Ad esempio, in quel di Losanna la $inistra ha presentato al municipio una risoluzione affinché nei comunicati stampa della polizia e del Ministero pubblico non venisse più indicata la nazionalità dei delinquenti.

Il perché della richiesta è ovvio: i $inistrati spalancatori di frontiere tentano di nascondere il fatto che gli stranieri sono vistosamente sovrarappresentati nelle statistiche della delinquenza. Del resto, se i tre quarti degli “ospiti” delle carceri elvetiche non ha il passaporto rosso, un qualche motivo ci sarà.

I kompagni sognano di imboscare sotto il tappeto della censura la criminalità d’importazione. Il colmo è che poi sempre la medesima gauche-caviar ha la tolla di sciacquarsi la bocca con la trasparenza; ma solo quando fa comodo a lei!

E’ ora di svegliarsi

Per fortuna, nemmeno a Losanna (che certo non è un covo di beceri leghisti, populisti e razzisti) la demenziale richiesta censoria è stata accolta. Ma è evidente che i kompagnuzzi torneranno alla carica. E, poiché la casta immigrazionista sottopone i cittadini a lavaggio del cervello quotidiano, non è escluso che in futuro simili boiate possano anche fare breccia.

Magari è ora di darsi una svegliata! E di cominciare a difendere sul serio la libertà d’espressione e la libertà di stampa dal loro grande nemico: il pensiero unico politikamente korretto e multikulti, intollerante di qualsiasi “deviazione” dalla retta via spalancatrice di frontiere. Perché queste libertà, fondamentali per la nostra democrazia, sono in pericolo.

Sicché, altro che nascondere la nazionalità dei delinquenti nei comunicati ufficiali della polizia e del ministero pubblico. Non solo bisogna continuare ad indicare se un malfattore è straniero o svizzero ma, tra gli svizzeri, bisogna anche precisare chi è naturalizzato. O vuoi vedere che, a tal proposito, c’è forse qualcosa da nascondere?

Lorenzo Quadri