Come c’era da aspettarsi: dalla kompagna Sommaruga arriva il njet al blocco delle notifiche online dei padroncini. Malgrado ci fosse al proposito un’iniziativa cantonale ticinese approvata dal Gran Consiglio praticamente all’unanimità. E malgrado ci fossero su questo tema anche delle mozioni leghiste al Consiglio federale.

Ma, per la serie le “belle notizie” non vengono mai sole, anche le cauzioni per i padroncini, da cui trattenere il pagamento di imposte ed oneri sociali, non si possono introdurre in modo generalizzato. Questo è contenuto del rapporto del relatore PLR Giorgio Galusero alle due mozioni, una dell’ex granconsigliere Edo Bobbià (PLR) l’altra di chi scrive, che chiedevano l’introduzione delle cauzioni.

Eccoci dunque ancora al solito mantra del “sa po’ mia” e del “margine di manovra nullo” della direttrice del DFE. Detto a livello federale, come nel caso di Sommaruga, è ancora più grave. La ministra $ocialista dice di “conoscere la situazione del Ticino”. Ma non la conosce poi tanto bene, se poi si produce in simili sortite. In particolare, non conosce come la vicina Penisola applica gli accordi bilaterali.

Fette di salame sugli occhi?

Infatti, Sommaruga pontifica: “non si possono abolire le notifiche online perchĂ© nell’ambito della libera circolazione delle persone, la Svizzera si è tuttavia impegnata a liberalizzare le prestazioni di servizi transfrontalieri di durata inferiore o uguale di 90 giorni all’anno. A meno di seri motivi di interesse generale non è pertanto possibile limitare il diritto di fornire prestazioni”. 

Ci sono però un paio di piccoli problemi (piccoli si fa per dire).

1)     L’invasione dei padroncini e distaccati è un dato di fatto. L’anno scorso le notifiche sono state 35mila, per un danno economico di centinaia di milioni di franchi, e dunque di migliaia di posti di lavoro, all’economia ticinese. Naturalmente questi sono solo i padroncini ufficialmente presenti in Ticino. Quelli in nero, certo non pochi come emerge dai controlli, non vengono conteggiati. Forse che questa esplosione delle notifiche, ed il conseguente danno economico, non sono un “serio motivo di interesse generale”? E’ evidente che i sette scienziati bernesi non hanno imparato la lezione del voto ticinese del 9 febbraio. E continuano a considerare come il Vangelo le statistiche taroccate sbolognate dagli inquisiti della SECO. Statistiche  effettuate a livello nazionale. Visto che l’invasione dei padroncini è un problema solo ticinese, è chiaro che a livello nazionale non si può parlare di emergenza. Ma appunto: in Svizzera non esiste un mercato del lavoro nazionale, esistono tanti mercati del lavoro separati e diversi tra loro. E sul mercato del lavoro ticinese l’invasione dei padroncini è, indubbiamente, un “serio motivo di interesse generale”, come direbbe la kompagna Simonetta.

2)     La kompagna Sommaruga parla come se l’Italia rispettasse la libera circolazione delle persone. Come se ci fosse reciprocitĂ . Invece, mentre da noi l’Ufficio della (non) sorveglianza sul mercato del lavoro si vanta di rilasciare una notifica al minuto (!) – come se essere efficienti nello spianare la strada all’invasione a danno dell’economia locale fosse una cosa di cui andare fieri! – oltreconfine, altro che notifiche online. Il Mattino qualche tempo fa ha reso noto un caso esemplare. Un’azienda ticinese attiva nel ramo della carpenteria ha tentato di lavorare a Campione d’Italia (non a Caltanissetta). Risultato: si è scoperto che presupposto per poter lavorare era l’iscrizione alla camera edile di Lecco. Sull’iscrizione, però, decide il presidente della Camera a propria totale discrezione. E secondo i tempi che piĂą gli aggradano. Risultato: dopo sei mesi l’iscrizione non era ancora avvenuta e la ditta ha dovuto rinunciare al lavoro.  E in queste condizioni ci facciamo le pippe mentali a sapere se abolendo le notifiche online e obbligando i padroncini ad annunciarsi fisicamente ad uno sportello, fornendo le garanzie di pagamento degli oneri sociali e fiscali, si violerebbe la libera circolazione delle persone?

Mettiamola così: non chiediamo che si violi la libera circolazione delle persone, ma che la si applichi come la applica la vicina Penisola, Stato membro dell’UE. In nome della reciprocità.

Così va bene, Simonetta?

 

Lorenzo Quadri