Prima i nostri: il governo trama per un’applicazione farlocca. Un altro tradimento?

 

Il Consiglio di Stato in settimana ha preso posizione  su 10 iniziative parlamentari e 4 mozioni  partorite dalla Commissione speciale per l’applicazione dell’iniziativa popolare “Prima i nostri”. L’iniziativa venne approvata dai ticinesi il 25 settembre del 2016 con quasi il 60% dei consensi.

Gli atti parlamentari servono a tradurre in misure legislative i principi contenuti nella modifica costituzionale votata dai cittadini. O almeno: dovrebbero servire.

Il governo nella sua presa di posizione si esprime  “a favore di tutte le proposte che, al momento dell’assunzione del personale, mirano a prescrivere alle aziende pubbliche e parapubbliche, e agli enti privati legati allo Stato da contratti di prestazione, di dare la precedenza a persone residenti, a parità di qualifiche”. E prosegue precisando che “l’inserimento nella legislazione cantonale di queste norme – che formalizzano una prassi già da tempo adottata dal Cantone – consentirà di sfruttare nel modo più ampio possibile il margine di manovra a disposizione dei Cantoni per adottare norme sulla preferenza dei lavoratori svizzeri o residenti in Svizzera”. «Tale margine – sottolinea il Consiglio di Stato – risulta molto limitato, in base alle regole oggi in vigore».

Il CdS respinge invece la legge d’applicazione della preferenza indigena, quella che contiene una serie di condizioni per il rilascio ed il rinnovo di premessi per stranieri, in quanto sarebbe “in contrasto con il diritto superiore”.

Manca il nucleo

Tüt a posct? Per nulla, perché in realtà manca la parte più succulenta. La chiave sta proprio nell’ affermazione sopra citata: le nuove norme che il CdS è d’accordo di inserire nella legislazione cantonale “formalizzano una prassi già da tempo adottata dal Cantone”.  Questo cosa vuol dire? Vuol dire che di fatto il Consiglio di Stato – o la maggioranza di esso – vuole applicare l’iniziativa “Prima i nostri” nel senso di una codificazione di quello che già si fa.  Quindi all’atto pratico la maggioranza del CdS non vuole cambiare nulla! Siamo, di nuovo, alla NON applicazione della volontà popolare! Come insegna già Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: “cambiare tutto perché non cambi niente”.

Quello che c’è già?

E’ chiaro che i promotori di Prima i Nostri non hanno lanciato un’iniziativa popolare (con tutti gli sforzi che ciò comporta), ed i cittadini ticinesi non l’hanno votata, semplicemente per  codificare quello che già si fa. Chi ha lanciato, firmato e votato “Prima i nostri” evidentemente vuole che rispetto ad oggi si faccia assai di più per promuovere l’assunzione di ticinesi.  Del resto la situazione del mercato del lavoro di questo sempre meno ridente Cantone impone di fare di più. E non stiamo qui a snocciolare per l’ennesima volta le allarmanti cifre dell’invasione da sud.

No alle prese in giro

L’applicazione corretta e non farlocca di Prima i nostri è tanto più necessaria in considerazione del fatto che il triciclo PLR-PPD-P$ alle Camere federali ha sconciamente rottamato il 9 febbraio.  Quindi il nuovo articolo 121a della Costituzione federale, così come (non) applicato da Berna, non limiterà in alcun modo l’immigrazione e non creerà alcuna preferenza indigena. Il fatto che i balivi di Bruxelles, a partire dal presidente della Commissione UE  “Grappino” Juncker,  abbiano subito applaudito a tale risultato  vale più di mille parole. Prima i nostri è dunque l’ultima àncora di salvezza  per il Ticino (prima dell’iniziativa per disdire la libera circolazione delle persone, s’intende).

Anche il mantra della “non compatibilità con il diritto superiore” della proposta di legge d’applicazione della preferenza indigena puzza di fregnaccia. La preferenza indigena è perfettamente compatibile con l’articolo 121 a della Costituzione. Quindi  la compatibilità con il diritto superiore è senz’altro data. E’ la legge federale ad essere anticostituzionale. Ma la Costituzione prevale sulla legge.

Nuovo tradimento?

E’ evidente che quel 60% di ticinesi che ha votato Prima i nostri si aspetta ben altro che l’iscrizione in qualche cavillo di legge dell’insufficiente prassi attuale. Perché gli effetti concreti di un’operazione del genere, all’insegna dei pantaloni abbassati davanti all’UE ed ai suoi camerieri bernesi, sarebbero pari a  zero. I cittadini si aspettano invece dei cambiamenti tangibili. Per questo hanno votato il 9 febbraio. Per questo hanno votato prima i nostri. Applicare la preferenza indigena come proposto dalla maggioranza del Consiglio di Stato sarebbe dunque la seconda presa per i fondelli dei votanti, dopo la rottamazione bernese del “maledetto voto”.

E’ chiaro che per proporre una vera preferenza indigena ci vuole coraggio. Altrettanto chiaro è che, da una maggioranza governativa che cala le braghe sul casellario giudiziale e che non blocca i ristorni dei frontalieri malgrado i vicini a sud continuino a fregarci davanti e di dietro, non ci si possono attendere grandi guizzi eroici. Avanti, continuate a votare per i partiti cosiddetti storici…

Lorenzo Quadri