Arrampicate sui vetri e “giustizie transitorie”

Nella sua ultima riunione, tenutasi la scorsa settimana, la commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale ha discusso della revisione della legge sulla radiotelevisione. Ossia quella revisione che prevede che l’attuale canone radiotelevisivo, il più caro d’Europa, venga sostituito da un nuovo balzello. Un balzello che, secondo le illuminate proposte del Consiglio federale e segnatamente della ministra uregiatta Doris Leuthard, dovrebbe pagare anche chi non ha una televisione né una radio. In sostanza si pretende dunque di far pagare una tassa causale per una prestazione anche a chi di questa prestazione non intende, e nemmeno può, usufruire.

Il pensiero (?) del Consiglio federale è il seguente: visto che a non avere una radio o una televisione sono in pochi – si stima (su che base? Il solito studio taroccato pro-sacoccia?) che si tratti dell’1% della popolazione – questi pochi possono anche subire l’ingiustizia. Traduzione: questo 1% (che in realtà sarà poi il 3, 4, 5%) deve pagare e tacere. Tale  forma mentis ben spiega, tra l’altro, l’atteggiamento bernese nei confronti del Ticino: visto che sono il 5% della Svizzera, sono “quantité négligeable”, quindi possono sciropparsi le devastanti conseguenze della libera circolazione delle persone.

Propaganda di $inistra finanziata con il canone

Ovviamente il Consiglio federale finge di non vedere il vero problema, ossia che c’è gente che per scelta rifiuta di usufruire delle prestazioni, e quindi di foraggiare, la radiotv di presunto (ma proprio solo presunto) servizio pubblico. E pretendere da queste persone, poche o tante che siano – di sicuro di più dell’1% indicato da Berna – che paghino il canone, è un atteggiamento da regime stalinista.

Il fatto è che, perlomeno la RSI, non fa servizio pubblico. Fa  propaganda di $inistra finanziata con i soldi di tutti gli utenti. E non si limita a fare propaganda “pro”, ma fa pure, spesso e volentieri, propaganda “contro”. Ed in particolare contro l’odiata Lega. E’ ovvio che non c’è quindi alcuna disponibilità ad inventare una nuova tassa per foraggiare questo genere di operazioni. C’è poi una contraddizione in termini. Se infatti la SSR facesse davvero servizio pubblico, allora dovrebbe essere già finanziata con le imposte ordinarie.

“Opting out” a tempo

Davanti alla necessità di esentare dal pagamento del balzello pro SSR chi non possiede né radio né tv, la maggioranza della commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del consiglio nazionale si è prodotta nemmeno in un compromesso svizzero, ma in un’arrampicata sui vetri che avrebbe anche un suo lato comico. Non fosse che c’è ben poco da ridere.

In sostanza la soluzione proposta – ma se ne discuterà ancora in ottobre – è quella di concedere la possibilità di un “opting out”, ossia di chiamarsi fuori dal pagamento del nuovo balzello dichiarando (ed esponendosi ai successivi controlli) di non avere né radio né televisore. Questa possibilità sarebbe però riservata solo alle economie domestiche, quindi non alle aziende, e solo in una fase transitoria. Qui si fa veramente ridere i polli: un po’ come dire che, dopo un  paio d’anni, un’ingiustizia plateale, come quella di costringere dei cittadini a pagare per servizi di cui rifiutano – per motivi più che legittimi – di usufruire, diventa “giusta”.

Difesa del consumatore?

La pretesa di far pagare il canone anche a chi non ha né una radio né una tv è semplicemente aberrante nel suo principio, e nulla cambia al proposito il fatto che sia possibile guardare la televisione sul telefonino o sul computer: perché questa non è la funzione principale di tali apparecchi, e non si può di certo pretendere dall’acquirente che li faccia modificare.
Come da copione, la $inistra si è schierata compatta a sostegno del balzello imposto a tutti (secondo l’abituale equazione $ocialista: un problema = una tassa), e in barba alla tutela del consumatore, dal quale è assurdo pretendere il pagamento di una prestazione che non vuole. Ma evidentemente, sotto il profilo elettorale, è più pagante reggere la coda alla SSR, organo di propaganda P$$, che tutelare i consumatori.

La commissione del nazionale ha inoltre deciso di aumentare di un soffio la quota parte di canone di spettanza alle emittenti private: dall’attuale 4% ad una forchetta compresa tra il 4 e il 5%. Si tratterà di briciole, che tuttavia mancheranno alla SSR. Il che va benissimo, stante che la SSR fa propaganda di $inistra travestendola (e pure male) da servizio pubblico.

Lorenzo Quadri