La polizia ha lavorato bene: e se ci fosse stato un pericolo?
Mentre nel posteggio del Foxtown una donna in burqa ha potuto recitare tranquillamente le preghiere della sera in barba al divieto di dissimulazione del viso (ed inoltre: provateci voi ad andare in un paese islamico a pregare per strada un Dio che non sia Allah, e vedrete cosa vi succede) fa discutere il pressoché contemporaneo ed “energico” intervento della polizia a Lugano nei confronti di un cosplayer vestito da Deadpool (personaggio dei fumetti Marvel) e del suo accompagnatore. Il travestimento da Deadpool prevede anche una maschera integrale e comprende pistole (finte) e spade. La polizia ha fatto bene ad allertarsi perché, con quello che accade nel mondo, ed a pochi giorni dalla sventata strage alla Commercio di Bellinzona, il livello di allarme deve essere alto. Il giovane travestito da Deadpool non solo aveva il volto coperto ma girava pure con delle armi. Finte, certo, ma ottime imitazioni di armi vere. Dunque, bisognava partire dal presupposto che il soggetto potesse effettivamente essere pericoloso. Anche perché, specie di questi tempi, ci vuole già tutta per uscire di casa ed andarsene a spasso con addosso una simile bardatura quando non è carnevale. Applicare la legge con buonsenso significa riconoscere il potenziale pericolo. Non certo ignorarlo partendo dal presupposto di avere a che fare con dei burloni. Ci si fosse comportati nei confronti dell’aspirante attentatore della Commercio con la nonchalance che alcuni avrebbero preteso nel caso “Deadpool”, magari oggi un numero imprecisato di famiglie starebbe piangendo i propri figli morti. Quello che a giusta ragione può essere considerato il manifesto popolare del buonsenso dei nostri vecchi recita: “meglio diventare rossi prima che bianchi dopo”. Quindi meglio fermare e circondare Deadpool con modalità “da film” (anche perché non ce n’erano altre) e poi accorgersi che si trattava solo di un cosplayer, e magari diventare rossi, che ignorare le segnalazioni e scoprire in seguito che, oops, le imitazioni di armi non erano delle imitazioni, che sotto la maschera da personaggio Marvel c’era un pericoloso psicopatico o un terrorista islamico che ha aperto il fuoco sulla folla provocando morti e feriti. Allora sì che ci sarebbe stato di che diventare bianchi… dopo. Quando è troppo tardi. Perché se per il fermo energico rivelatosi, ma solo a posteriori, immotivato, ci si può scusare e riderci sopra, i morti non tornano in vita con le scuse, nemmeno se fatte in cinese.
E non osiamo immaginare lo tsunami che si sarebbe abbattuto sulle forze dell’ordine se non avessero dato seguito alla segnalazione che per le vie di Lugano girava un uomo completamente mascherato ed armato (che le armi erano finte non era evidente al primo colpo d’occhio) se fosse davvero accaduto qualcosa di brutto. E chissà quanto strillerebbero quelli che adesso sbraitano per l’intervento spropositato e blablabla. In Francia un’operatrice dell’ambulanza ha ricevuto una chiamata da una neo mamma che diceva di essere in pericolo di vita. Non l’ha presa sul serio, ha risposto “tutti dobbiamo morire prima o poi” e ha attaccato il telefono. La giovane è morta davvero di emorragia interna. Scandalo ed ira generali per lo scellerato comportamento dell’operatrice. Con “Deadpool” sarebbe potuta accadere la stessa cosa. La polizia non deve essere sfottuta per l’intervento perché a posteriori si è scoperto che “era solo un cosplayer”. A parlare col senno di poi sono buoni tutti. La polizia va invece ringraziata per aver svolto il proprio lavoro con solerzia ed efficacia. Stato di polizia, clima di paura, eccetera? Chi ha voluto spalancare le frontiere e far entrare tutti può solo tacere.
Lorenzo Quadri