Fiscalità dei frontalieri: la vicina Penisola non ha alcuna intenzione di aumentarla
Ma guarda un po’, sulla stampa d’Oltreconfine prende piede la questione del moltiplicatore comunale d’imposta dei frontalieri. Di recente ne hanno parlato le principali testate.
Nel novembre 2014 il Gran Consiglio ticinese decise, con solida maggioranza, di portare il moltiplicatore comunale d’imposta per i frontalieri dal 78 al 100%. La modifica permette al Ticino di incassare 20 milioni di Fr in più all’anno. 8 vengono ristornati all’Italia, mentre la restante dozzina ci rimane “attaccata là”: circa 8 milioni ai Comuni e circa 4 al Cantone.
Aumento antidumping
L’aumento del moltiplicatore dei frontalieri serve a noi in funzione antidumping. Un problema, quello del dumping salariale, che ha raggiunto in Ticino livelli allarmanti. Al punto che neppure i produttori seriali di rapporti taroccati della SECO riescono più a scoparlo sotto il tappeto. Hanno infatti dovuto ammettere che il problema esiste, aggiungendo però subito, tanto per non smentirsi, che “non è grave”. E ti pareva!
Ma soprattutto, l’aumento del moltiplicatore dei frontalieri è previsto nei famosi accordi con l’Italia. Quelli che, secondo la ministra del 5% ed il suo tirapiedi De Watteville, erano “ad un passo dalla conclusione” nel giugno 2014. Adesso, ad un anno di distanza, non solo la conclusione non è arrivata, ma si allontana. Perché la vicina Penisola fa melina.
I conti non tornano
In Italia un frontaliere che guadagna 50mila euro netti paga meno imposte di un pensionato da 1000 euro al mese. La disparità di trattamento e flagrante. Tuttavia la vicina Penisola ha avuto la tolla di denunciare il Ticino ai funzionarietti di Bruxelles (uhhhh, che pagüüüüraaaa!) per l’aumento del moltiplicatore comunale di cui sopra. L’accusa: discriminazione.
I conti non tornano. L’aumento in questione è stato deciso oltre sette mesi fa. Perché la denuncia arriva solo adesso? Forse perché adesso l’Italia cerca scuse per non concludere i famosi accordi con la Svizzera? Da notare la tempistica: la denuncia è stata presentata prima che scadesse la data del versamento dei ristorni dei frontalieri, ossia fine giugno. E’ evidente che essa sarebbe stata un motivo più che sufficiente per il Ticino per bloccare il versamento. Un motivo che sarebbe andato ad aggiungersi a svariati altri, e non stiamo qui a fare l’elenco per l’ennesima volta. Come si spiega questa scelta da parte dell’Italia? Nel Belpaese partono già dal presupposto che gli svizzerotti pagano senza fare un cip, qualsiasi cosa accada?
Tolla “no limits”
La denuncia italiana dimostra una “lamiera” davvero invidiabile. L’Italia accusa il Ticino davanti ai funzionarietti di Bruxelles di presunta discriminazione dei frontalieri. Poi però è la prima che discrimina gli italiani non frontalieri che lavorano in patria.
Ma la denuncia dimostra anche quanto sia sensibile il tema della fiscalità dei frontalieri. Gli accordi con la Svizzera prevedrebbero un aumento delle tasse a loro carico fino a parificazione con i restanti contribuenti italiani. E’ una prospettiva realistica?
Qui viene il bello, o il brutto. Proprio da chi si lancia a spada tratta in denuncie nei confronti del Ticino a difesa di improponibili privilegi dei frontalieri, ci si attende la cancellazione di questi privilegi tramite aumenti d’imposta in funzione antidumping? E perché, poi? Perché lo chiedono gli svizzerotti? E’ evidente che qualcuno sta cullando assurde illusioni.
Ficchiamocelo bene in testa: l’Italia non rinuncerà assolutamente a nulla. E allora, perché mai dovremmo calare le braghe in attesa di accordi “vantaggiosi” che mai ci saranno? Nei confronti della vicina Penisola non c’è alternativa alla linea dura. Prima ce ne rendiamo conto e ci comportiamo di conseguenza, meno (ulteriori) fregature prendiamo.
Lorenzo Quadri