Su libera circolazione, sudditanza agli eurobalivi e frontiere spalancate
In Gran Bretagna dopo il Brexit il tasso di disoccupazione è il più basso dal 2005. E le università svizzere, che avrebbero dovuto essere a rischio a causa del voto “chiuso e xenofobo” del 9 febbraio, guadagnano posizioni
Ohibò: i camerieri dell’UE hanno incassato una nuova legnata. Ad assestargliela, i dati sulla disoccupazione in Gran Bretagna. Oltremanica, il tasso di senza lavoro continua a scendere. Malgrado la Brexit.
L’ultimo rilevamento indica un 4.9%: il più basso dal 2005.
E’ opportuno (uella) ricordare che da noi, in questo sempre meno ridente Cantone, il tasso di disoccupazione ILO (che è l’indicatore usato internazionalmente) è superiore al 7%. La SECO con le sue statistiche farlocche pretende di farci credere che sia del 3%. In realtà è ben più del doppio. A ciò si aggiunge l’esplosione dei casi d’assistenza: hanno superato quota 9000, quando nel 2010 erano 6000.
La SECO ci prende per fessi
Perché la SECO tarocca le cifre? Facile: perché, avendo negato che l’invasione di frontalieri dovuta alla libera circolazione delle persone provoca sostituzione e dumping salariale, deve giocoforza negare anche l’esistenza in Ticino di un problema occupazionale. Sicché, avanti col mantra del “Tout va bien, Madame la Marquise”!
Lo abbiamo già scritto. La statistica è come lo scarafone: è bella a mamma sua. E chi è la “mamma” delle statistiche della SECO? Il Consiglio federale cameriere dell’UE. Quello che – assieme alla partitocrazia, ai poteri forti, alla stampa di regime – ha imposto la fallimentare libera circolazione delle persone. E adesso si arrabatta per nasconderne i danni. Urta, in particolare, la supponenza con cui i burocrati bernesi pensano di far fessi i ticinesi. Come se bastasse presentare due indicatori truccati per convincere chi vive sulla propria pelle (o su quella dei propri familiari) il dramma della disoccupazione causa invasione di “targhe azzurre” di essere un visionario. Non è così che funziona.
GB: sempre meno disoccupati
Il tasso di senza lavoro nella Gran Bretagna post-Brexit è dunque chiaramente inferiore a quello ticinese. Questa sì che è una notizia. Eppure ci pare di ricordare che, prima del fatidico 23 giugno, gli internazionalisti spalancatori di frontiere pro saccoccia andassero dipingendo scenari catastrofici in caso di Sì al Brexit. Il ricatto all’indirizzo del popolo inglese era chiarissimo: se osate ribellarvi alla fallita UE, se osate riprendervi la vostra sovranità nazionale, la Gran Bretagna verrà catapultata nel Terzo Mondo. Invece niente di tutto questo sta accadendo. Succede semmai proprio il contrario. La squallida propaganda di regime pro-UE, pro-frontiere spalancate e contro la sovranità nazionale è stata sbugiardata (anche se il termine corretto sarebbe un meno casto “sputtanata”) su tutta la linea.
Ineluttabile?
La stessa cosa capita anche alle nostre latitudini. Dove si tenta di spacciare la devastante libera circolazione delle persone per ineluttabile e vantaggiosa, quando in realtà non è né l’una, né l’altra cosa. Un disegno in cui inseriscono le statistiche della SECO, che sono semplice propaganda politica. Il direttore dell’IRE Rico Maggi ha dichiarato: in Ticino le cifre sull’occupazione vengono forzate per fare politica. Appunto: vengono forzate dalla SECO e dall’IRE per fare il lavaggio del cervello ai cittadini a sostegno dell’immigrazione scriteriata.
La casta dei professori
Si ricorderà cosa starnazzava, dopo la votazione del 9 febbraio, la casta dei professori universitari. A seguito delle deplorevoli (sic) chiusure xenofobe, gli atenei elvetici non avrebbero più potuto reclutare all’estero i migliori luminari. Come no. Proprio credibile, vista anche la differenza di stipendio tra le università svizzere e quelle europee. Ed infatti, dagli ultimi rilevamenti è emerso che non ci sono mai stati così tanti professori stranieri nelle università elvetiche come ora. Altro che “ridotti all’autarchia e al declino”. C’è anzi il fondato sospetto che, negli ambienti accademici come altrove, si assumano stranieri anche per posti che potrebbero benissimo essere occupati da “local”. Questo accade perché i professori esteri si portano dietro dal paese d’origine tutto l’harem di assistenti, portaborse, segretari, nani e ballerine.
Le università svizzere…
C’è di più. Nei giorni scorsi sui quotidiani ticinesi (notizia pubblicata in formato francobollo) si è letto che nelle top cento delle università mondiali ci sono quattro atenei svizzeri: il politecnico di Zurigo al 19° posto (l’anno scorso era al ventesimo), l’università di Ginevra al 53° (cinque posizioni guadagnate rispetto al 2015), quella di Zurigo al 54° (come l’anno scorso) e, new entry, il politecnico di Losanna al 92°. Non solo: le prime dieci posizioni se le spartiscono istituti statunitensi e britannici. Quindi di paesi extra UE – o quasi ex UE!
Per cui:
- dopo il 9 febbraio le università svizzere non solo non sono andate a ramengo, ma hanno migliorato i propri piazzamenti nelle graduatorie internazionali; e
- gli atenei con cui è proficuo collaborare sono fuori dall’UE, quindi la sudditanza nei confronti degli eurofunzionarietti predicata dalla casta dei professori universitari non ha alcuna ragione concreta: è solo ideologia internazionalista.
Sbugiardati!
Calo della disoccupazione in Gran Bretagna dopo il Brexit, università svizzere meglio posizionate nelle classifiche internazionali dopo il 9 febbraio: sono solo due delle plateali smentite incassate dalla propaganda di regime pro-UE e pro-frontiere spalancate.
Propaganda che, alla prova dei fatti, si sgonfia miseramente, come un palloncino bucato. Sempre.
Lorenzo Quadri