L’Associazione Via Nassa lancia il sasso: ridurre la franchigia da 300 a 100 Fr
La spesa frontaliera torna a far discutere. Comprensibilmente, visto che i commerci ticinesi soffrono. La “bomba” l’ha sganciata l’Associazione Via Nassa, la quale propone che la Confederazione abbassi franchigia per la spesa in Italia, dagli attuali 300 Fr a 100 Fr.
In questo modo, ha spiegato al GdP il segretario dell’Associazione Mario Tamborini, si mira ad avere “un effetto deterrente rispetto agli acquisti non alimentari oltrefrontiera, giacché così si renderebbe necessario sdoganare una maggiore quantità di beni, seppure a parità di prezzi al di qua e al di là del confine.”
Vivaci reazioni
La proposta ha suscitato “vivaci reazioni”. Ma bisogna partire da un presupposto. C’è chi fa la spesa in Italia per necessità, perché altrimenti non arriverebbe a fine mese, e chi invece varca il confine per fare compere anche se potrebbe benissimo permettersi di spendere qui. Trump nel suo discorso d’insediamento ha detto: “comprate americano ed assumete americano” (ovvero: “Prima i nostri”). Si può quindi ben comprendere che chi non ha lavoro e fa il frontaliere della spesa ribatta: “volete che si compri ticinese, cominciate ad assumere ticinese”. Molto meno comprensione la suscita invece chi fa provvista a Como o a Varese malgrado non sia affatto in ristrettezze. Qui qualcuno dovrebbe farsi un esamino di coscienza.
Non tutto costa meno
Seconda considerazione: non tutto in Italia costa così tanto meno che in Ticino. A fare da attrattore sono i generi alimentari. Per taluni pare infatti che la differenza di prezzo sia abissale (“pare” perché chi scrive non ha mai fatto la spesa in Italia, per cui non lo può affermare con certezza). Altri prodotti, specie non alimentari, sempre a quanto ci consta, non avrebbero prezzi poi così tanto diversi al di qua o al di là dal confine; ma, una volta che si è fatta la trasferta, “già che si è sul posto”, si compera anche quelli. E’ proprio questo genere di acquisti, che non consentono un risparmio significativo, che l’Associazione via Nassa vorrebbe arginare con la proposta di ridurre la franchigia.
E la grande distribuzione?
Tuttavia c’è anche un altro aspetto da considerare. La differenza di prezzo tra Ticino ed Italia per taluni generi alimentari è così clamorosa da non avere più una spiegazione logica. E proprio questi generi alimentari fanno da “traino”, inducendo anche gli altri acquisti. E allora, è mai possibile che in Ticino la grande distribuzione non sia in grado di operare al ribasso sui prezzi di questi generi di prima necessità, ciò che ridurrebbe in modo importante l’attrattiva della spesa transfrontaliera?
Per non saper né leggere né scrivere, ci pare davvero incredibile che non ci siano dei margini in tal senso. Davvero “sa po’ fa nagott”? Ci crediamo poco!
Lorenzo Quadri