Ecco che le rapine in casa tornano “alla ribalta” della cronaca nera ticinese. L’ultimo episodio si è verificato un paio di settimane fa a Pregassona (quindi nemmeno a ridosso del confine). L’inquilino di un palazzo in via Bozzoreda ha aperto la porta e si è trovato faccia a faccia con il criminale, il quale l’ha picchiato, legato, ha svaligiato l’appartamento e si è dileguato. La vittima, a quanto pare, non ha riportato gravi ferite; naturalmente poteva andare molto peggio. Ma, se le ammaccature passano, la paura derivante dal non sentirsi più sicuri in casa propria è ben più persistente. La polizia, pur con tutto l’impegno, può solo intervenire “a posteriori”. Non può essere presente al momento del fatto.
Criminali stranieri
Da notare che il rapinatore, secondo la testimonianza della vittima, “parlava italiano con accento dell’est”. Ma guarda un po’: l’ennesimo delinquente straniero attivo in Ticino? Ma come, i criminali dell’est europeo che, grazie agli scriteriati allargamenti dell’UE, si insediano nella vicina Penisola e da lì entrano liberamente in Svizzera a delinquere non dovevano essere tutta una balla populista e razzista?
Allargamenti e ricatti
L’allargamento ad Est della libera circolazione delle persone ha un pernicioso effetto a catena. In Romania, ad esempio, si può ottenere facilmente un passaporto tramite sotterfugi. Altrettanto facile è falsificarne uno (soprattutto per chi è dedito alla delinquenza). Di conseguenza, oltre a quelli veri, ci sono anche i finti rumeni ad arrivare “in casa” degli svizzerotti. Senza che questi possano fare cip: si sono “aperti”!
A ciò si aggiunge la prospettiva di estendere lo spazio Schengen alla Turchia. Estensione del tutto illegale. Ma gli inetti di Bruxelles, incapaci di difendere i confini esterni dell’UE, si sono messi nella condizione di farsi ricattare persino da Erdogan e soci. Chiaro: se la priorità della fallita UE è la distruzione degli Stati nazionali democratici a favore di un governo (?) globale di funzionarietti mitomani da tre e una cicca e non eletti da nessuno, non si può che finire nella palta.
Adesso Ankara minaccia di tornare a spalancare le porte all’invasione dei rifugiati economici diretti verso i paesi della vecchia UE. Di conseguenza, Bruxelles “deve” calare le braghe e accondiscendere alla richiesta turca di poter accedere allo spazio Schengen senza visti. E disgraziatamente nello spazio Schengen ci siamo anche noi.
Paese del Bengodi
E’ evidente, lo abbiamo scritto più volte, che la Svizzera è il paese del Bengodi per pericolosi delinquenti stranieri che non hanno nulla da perdere: male che vada finiscono in carceri che, per i loro standard, sono come alberghi (si fanno anche i festini) e pertanto non hanno alcun effetto dissuasivo. In futuro la situazione non potrà che peggiorare. Non serve essere il Mago Otelma per prevederlo. Nel nord del Belpaese, le aggressioni nelle case hanno già raggiunto punte di frequenza e ferocia raccapricciante. In regime di frontiere spalancate e di devastante libera circolazione delle persone, ci illudiamo forse di rimanere immuni a lungo? Quanto avvenuto a Pregassona, dunque, non è che un “assaggio” di quello che ci aspetta.
Legittima difesa
Visto che la polizia non è né potrà mai essere onnipresente, due necessità si palesano.
La prima: che i cittadini si sappiano difendere da soli.
La seconda, conseguenza della prima: che la legislazione potenzi il diritto dei cittadini aggrediti al proprio domicilio alla legittima difesa.
L’iniziativa popolare cantonale “i cittadini non devono pagare i costi per una legittima difesa” è riuscita, le sottoscrizioni necessarie sono state consegnate a Palazzo delle Orsoline giovedì (ma chi avesse ancora delle firme le spedisca subito!). Questa iniziativa è un primo passo, forse modesto (il margine di manovra a livello cantonale è quello che è) eppure importante. Se i ticinesi dovessero accettare l’iniziativa in votazione popolare, il nostro Cantone farebbe ancora una volta da apripista. Questo potrebbe sensibilizzare anche altre regioni del paese, come è accaduto, ad esempio, con il divieto di Burqa. Si creerebbe così quella consapevolezza diffusa che è necessaria se si vuole riuscire a cambiare il Codice penale. Quest’ultimo va infatti riformato nel senso della depenalizzazione di chi, vittima di aggressione al proprio domicilio, si difende. Altre vie non se ne vedono.
Lorenzo Quadri