Nuovo delirio dei Verdi-anguria contro la cartellonistica stradale

Eccole qua, le grandi preoccupazioni dei climatisti ro$$overdi! Quelli che, con le loro leggi-ciofeca (vedi la legge divoratrice di elettricità, su cui voteremo domenica prossima) mettono a rischio il nostro approvvigionamento energetico – e quindi il nostro benessere – in nome del “clima”, che costoro hanno fatto assurgere a nuova divinità pagana a cui dobbiamo sacrificare tutto.

Una consigliera nazionala Verde-anguria del Canton Zugo adesso se la prende… con la segnaletica stradale, accusata di essere “sessista”. Non avendo niente di meglio da fare, ha anche presentato un atto parlamentare sul tema.

Perché la segnaletica stradale non va bene? Perché vi figurano troppi omini, mentre invece ci vogliono più donne. Ecco il grande valore aggiunto che portano alla politica federale le femministe climatiste ed immigrazioniste. La Verde zughese sogna cartelli, ad esempio quelli che annunciano lavori stradali, dove compaiono delle sagome femminili che scavano delle buche? O magari chissà, essendo questi ecotalebani ossessionati dal “gender”, la cartellonistica ideale dovrebbe prevedere figure metà uomo e metà donna: come il Barone Ashura di Mazinga Z, per chi ha presente.

E’ ovvio, e ci mancherebbe altro, che non si spende nemmeno un centesimo del contribuente per rifare la segnaletica stradale in funzione delle grottesche paturnie di certe politichette. Ed osiamo sperare che l’elettore ci pensi bene prima di dare il proprio voto a certi partiti imbesuiti dall’ideologia. La crociata contro la segnaletica non “gender-neutrale” fa quasi sembrare intelligente la mozione di un’ex granconsigliera del P$ ticinese contro le “tutine da ginnastica sessualizzanti”.

Tuttavia, su questo fronte, almeno una notizia positiva c’è. Nei giorni scorsi il Consiglio nazionale ha approvato a maggioranza una mozione che chiede al governicchio federale di impedire alle università ed alle scuole superiori elvetiche di utilizzare, appunto, l’orripilante lingua gender, con asterischi e “schwa”.

Lorenzo Quadri