A quando un sindacato solo per i lavoratori ticinesi?
Il sindacato rosso UNIA continua ad aizzare i frontalieri alla protesta contro le decisioni che vengono legittimamente prese in Svizzera.
Con questo obiettivo il sindacato in questione ha quindi organizzato, tra ottobre e novembre, addirittura una decina di assemblee pubbliche oltreconfine: a Cannobio, Malesco, Verbania, Luino, Domodossola, Ponte Tresa Italia, Cernobbio, Porlezza, Dongio, Uggiate Trevano.
Nel mirino in particolare gli aggravi fiscali a carico dei frontalieri. Aggravi giusti. Giusti perché la Convenzione del 1974 che stabilisce la fiscalità dei frontalieri non ha più ragione di esistere basandosi su presupposti di altri tempi. E giusti perché i frontalieri, rispetto ai connazionali che lavorano in Italia, sono avvantaggiati sia per gli stipendi chiaramente superiori che per il carico fiscale nettamente inferiore. Ed inoltre ricevono pure – quale ciliegina, anzi ciliegiona sulla torta – gli assegni per i figli in base alle cifre svizzere. Non a quelle italiane. Ma i figli dei frontalieri risiedono nel Belpaese. Mica da noi.
Campagna acquisti
Il sindacato rosso si era già prodotto in iniziative cartellonistiche mirate a denigrare l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”. E’ poi stato asfaltato dalle urne: probabilmente anche dai suoi stessi iscritti con passaporto svizzero. I ben pagati manager sindacali dovrebbero di conseguenza porsi qualche domandina.
Evidentemente adesso UNIA mira a fare campagna acquisti presso i frontalieri. Obiettivo, sindacalizzarne sempre di più. Ovvio che, quando la metà degli iscritti arriva da Oltreconfine, si difendono gli interessi dei frontalieri. Interessi che però sono ormai in rotta di collisione con quelli dei residenti. Come noto, a seguito della devastante libera circolazione delle persone, si è innescata una guerra fra poveri. Una guerra che vede i lavoratori ticinesi sistematicamente sul fronte perdente. Ed infatti vengono sostituiti con frontalieri. Chi cerca un impiego non lo trova: i posti disponibili sono già stati colonizzati da persone in arrivo dalla vicina ed ex amica Penisola. Se poi a decidere sulle assunzioni è un responsabile delle risorse umane frontaliere, è evidente che di ticinese non prenderà nemmeno uno spillo.
Guerra voluta da chi?
Questa guerra tra poveri l’ha voluta il partito di riferimento di UNIA, ossia il P$ internazionalista e spalancatore di frontiere; e l’hanno voluta gli stessi sindacati.
In questo modo si è messa su un piatto d’argento a datori di lavoro con pochi scrupoli – e spesso “non locali” – la possibilità di distruggere il mercato del lavoro ticinese e di contemporaneamente riempirsi le tasche.
L’autorità preposta al controllo, ed in prima linea il DFE targato PLR, non ha fatto né fa un tubo per fermare il malandazzo. La sua direttrice si nasconde dietro la foglia di fico del margine di manovra nullo e delle statistiche taroccate della SECO.
Serve un sindacato per i ticinesi
Gli iscritti ticinesi ad UNIA farebbero bene a domandarsi se un sindacato che continua a combattere l’introduzione dei contingenti per frontalieri e tutte le misure volte a contenere l’invasione da sud – perché da questa invasione trae un evidente tornaconto economico sottoforma di iscritti frontalieri che pagano le loro belle quote – rappresenta i loro interessi oppure no.
Il discorso è sempre lo stesso. In un regime di guerra tra poveri, voluto non certo dalla Lega che ha combattuto fin dall’inizio contro lo spalancamento delle frontiere prendendosi le solite accuse di populismo e razzismo, non si può rappresentare contemporaneamente i residenti ed i frontalieri: ossia un fronte e l’altro. C’è un conflitto d’interessi plateale. Una di quelle (tante) cose che la $inistra vede solo in casa altrui anche quando non c’è; mentre quando si tratta di vederla in casa propria…
O di qua o di là. Alternative non sono possibili. A quando un sindacato solo per i lavoratori ticinesi?
Lorenzo Quadri