Giusto il referendum contro il foraggiamento statale della stampa di regime, ma…
Le firme potrebbero essere raccolte in contemporanea
La notizia era nell’aria. E la conferma è arrivata. Contro il pacchetto di aiuti ai media appena votato dalle Camere federali è stato lanciato il referendum.
Il pacchetto in questione ha un costo di 150 milioni di Fr all’anno: non certo pochi.
Esso prevede l’aumento del sostegno indiretto ai media cartacei (contributo alle spese di spedizione in abbonamento), un contributo ai portali online per l’ammontare di 30 milioni all’anno e finanziamenti alle agenzie di stampa ed alla formazione nel settore dei media. Per quest’ultima voce di spesa, i soldi verranno prelevati attingendo al canone Serafe. Per contro, gli aiuti indiretti alla stampa ed i sussidi per i siti online verranno versati (in caso di entrata in vigore) dalle casse generali della Confederazione.
Ipocrisia plateale
E’ vistosa l’ipocrisia con cui la partitocrazia abusa del concetto di “pluralità dell’informazione” – che suona tanto bene e fa tanto politikamente korretto e “progressista” – per spillare soldi al contribuente con l’obiettivo contrario a quello dichiarato: non già sostenere l’informazione “pluralista”, bensì foraggiare la stampa “amica”. In altre parole: i media di regime sono destinati a diventare sempre più di regime, in quanto sempre più dipendenti da sussidi pubblici.
E’ significativo il fatto che, con scuse scanchignate, il DATEC targato Sommaruga, con la partitocrazia al seguito, si è premurato di escludere dagli aiuti le pubblicazioni gratuite. Questo vale sia per quelle cartacee che per quelle elettroniche.
Per attingere ai sussidi, anche i portali online dovranno dunque diventare a pagamento. Un vero e proprio sabotaggio dell’informazione gratuita! Ma, se la volontà della casta fosse quella di sostenere la “pluralità”, non comincerebbe col tagliar fuori dagli aiuta una fetta consistente del panorama mediatico avventurandosi in improbabili pippe mentali sui “modelli di finanziamento”.
Ma quale “pluralità”!
La realtà è che alle nostre latitudini la pluralità dei media è una barzelletta.
Lo è manifestamente per quel che riguarda i media elettronici. C’è la monopolista SSR, finanziata con il canone più caro d’Europa, dedita alla propaganda politica ro$$overde e vogliosa di dilagare anche online, usando i soldi pubblici per fare concorrenza sleale alle testate private. Alle emittenti private restano le briciole del canone. E con queste briciole sono state asservite: tant’è che ai tempi della votazione sull’iniziativa No Billag la propaganda contro l’iniziativa era unanime. Lo stesso meccanismo di asservimento lo si vuole ora replicare con il resto del panorama mediatico. Che già adesso indipendente di certo non è. E men che meno è pluralista. Al massimo lo è in senso numerico. Di sicuronon contenutistico. Stiamo infatti parlando di varie testate, spesso appartenenti ad un medesimo gruppo editoriale, tutte orientate alla diffusione del pensiero unico. Queste testate verranno ulteriormente foraggiate con i soldi dei cittadini. Per contro, lepoche pubblicazioni cartacee ed elettroniche non allineate non ricevono aiuti ora e non ne riceveranno nemmeno in futuro. Perché l’obiettivo della partitocrazia è farle sparire… nel nomedella pluralità. Infatti, per la casta pluralità significa avere tante testate che dicono tutte le stesse cose gradite alla casta medesima.
Per credere che la partitocrazia finanzierebbe un’informazione non asservita e slinguazzante, bisogna essere caduti dal seggiolone da piccoli!
Obiettivo contrario
Che il triciclo utilizzi i soldi dei contribuenti per sussidiare i propri galoppini mediatici è già di per sufficientemente disdicevole. Che in più prenda pure per i fondelli i cittadini raccontando la fanfaluca che i loro soldi verranno utilizzati per sostenere la “pluralità necessaria alla democrazia”, quando l’obiettivo è proprio il contrario, è davvero troppo.
E’ poi ridicolo che si affermi di voler sostenere contemporaneamente sia la stampa cartacea che la transizione digitale (ovvero il passaggio dalla carta all’online). Tutto e il contrario di tutto! Ed in più l’online nemmeno necessita di soldi pubblici, dato che sta in piedi da solo.
E l’iniziativa “200 Fr”?
Il referendum contro il pacchetto sui media è oltremodo opportuno; già che si raccolgono le firme, sarebbe però buona cosa lanciare finalmente anche l’iniziativa per ridurre il canone radioTV a 200 Fr all’anno (che sono ancora troppi). Così si potrebbero raccogliere contemporaneamente le sottoscrizioni per il referendum e per l’iniziativa.
Con il canone a 200 Fr, le economie domestiche avranno più soldi a disposizione per investire in altri prodotti mediatici. Questa sarebbe davvero promozione della pluralità! Non certo ulteriori sussidi alla stampa di regime.