Potrà rilevare al massimo il 9% dei contagi. Farà invece la gioia dello Stato-guardone

Annunciata per l’11 di maggio, la pubblicazione dell’App (applicazione per smartphone) per tracciare i contatti di chi è stato contagiato dallo stramaledetto virus cinese è stata rinviata. Nella sessione straordinaria di inizio maggio, il parlamento federale in un raro sussulto d’orgoglio ha stabilito che l’App necessita di una base legale, che il suo scaricamento deve rimanere volontario e che i dati raccolti non vanno salvati in modo centralizzato. Naturalmente questo vale (varrebbe) per il momento. La tattica del salame (una fetta alla volta) la conoscono tutti. Magari scaricare l’App sarà anche in un primo tempo volontario; però chi non l’ha non potrà poi usufruire di determinati servizi o prestazioni, il cui numero aumenterà progressivamente. Quindi chi non avrà scaricato l’App verrà penalizzato. Quanto alla storiella dei dati non centralizzati… a chi si pensa di darla a bere?

Sdoganare cappellate

E’ evidente che se qualcuno, prima dello stramaledetto virus cinese, avesse proposto un’App per telefonino che serve a controllare i movimenti dei cittadini ed a visionare chi ha incontrato chi, sarebbe stato preso per scemo. Ma le cose sono radicalmente cambiate in pochissimo tempo. La dittatura mediatico-sanitaria cui siamo stati sottoposti negli scorsi mesi ha di proposito terrorizzato la popolazione, rendendola isterica, con l’obiettivo di fiaccarne la resistenza e lo spirito critico. Un bell’esperimento sociale, non c’è che dire. Bello quanto preoccupante. In questo modo è stata sdoganata una pletora di cappellate, liberticide ed illegali. Ad idearle, funzionari ai quali sono stati conferiti pieni poteri. E che, di conseguenza, sono stati colti da manie di onnipotenza ed hanno sviluppato dipendenza da visibilità mediatica. I politicanti, il cui compito sarebbe stato quello di mediare tra le proposte degli “specialisti” (che peraltro si sono contraddetti un’infinità di volte) e le esigenze della società (non si muore solo di virus cinese) si sono ritirati in un angolo, lasciando il campo libero. E l’hanno fatto, più che per proteggere la popolazione, per pararsi il fondoschiena, e schivare il rimprovero di non aver preso misure sufficientemente draconiane. Ma appunto: non si muore solo per il virus “regalatoci” dalla Cina untrice del mondo, e anche la crisi economica da lockdown comincerà presto a mietere le sue vittime. Tante persone perderanno l’impiego (certamente non gli statali che hanno il posto garantito a vita e che hanno percepito lo stipendio al 100% anche se hanno trascorso due mesi sul divano in panciolle a guardare Netflix). Tanti artigiani o indipendenti vedranno distrutto il lavoro di una vita e finiranno sul lastrico. Ci saranno dei suicidi, c’è da temere non pochi, che andranno aggiunti al conteggio dei morti da coronavirus.

Cosa succede in Cina

Tornando all’App, resa possibile dalla citata dittatura mediatico-sanitaria, le derive previste si stanno già concretizzando. In Cina infatti, e più precisamente nella città di Hangzhou – tra l’altro gemellata con Lugano, ma tu guarda i casi della vita – malgrado l’emergenza sanitaria sia passata, le autorità non si sognano di mandare in pensione l’App di tracciamento ma anzi intendono potenziarla per schedare i comportamenti dei singoli cittadini: quanto dormono, quanti passi al giorno fanno, quanto bevono, quanto fumano, in quali negozi entrano, eccetera. Se qualcuno si immagina che queste cose possano succedere solo nella dittatura comunista cinese, farà meglio a scendere dal pero. Andrà a finire così anche da noi, ed i dati sui cittadini saranno a disposizione non solo dello Stato-guardone, ma anche di chi li vorrà sfruttare a scopo commerciale.

Va’ a da via i ci-App

Eh già: oggi i diritti fondamentali sono stati in buona parte snaturati in pretese di prestazioni statali. Ma le libertà individuali nascono come diritti dei cittadini contro l’ingerenza dello Stato. Sono il frutto di secoli di lotte. Che adesso qualcuno è pronto a gettare nel water per il virus cinese, che evidentemente ci ha portato anche il comunismo cinese.

Intanto nei giorni scorsi il professore e virologo italiano Andrea Crisanti ha confermato che l’App per il tracciamento è una “cagata pazzesca” (cit. Fantozzi). Anche ammettendo che venga scaricata dal 60% della popolazione, permetterà di rilevare al massimo il 9% dei contagi. Insomma “una montagna di soldi buttati via”, per dirla con lo scienziato.

Ma la stampa di regime, ormai ridottasi a slinguazzare acriticamente l’autorità nella speranza di mungere ulteriori sussidi statali, si esalta per l’App. Specie i media colonizzati dalla $inistra, Pravda di Comano in primis. Ai pennivendoli gauche-caviar non pare vero di poter importare una fetta di comunismo cinese anche dalle nostre parti. Ancora meglio se ciò avviene sotto il cappello della politikamente korrettissima “digitalizzazione”, che fa figo solo a citarla.

App? Va’ a da via i ci-App!

Lorenzo Quadri