Intanto la libera circolazione comincia a suscitare preoccupazione anche Oltreramina

Qualche settimana fa, la NZZ am Sonntag ha pubblicato un articolo di quasi un’intera pagina sul libro di un’autrice spagnola trentenne, Ana Iris Simon.  Intitolato “La Feira” (il mercato annuale) il volume della Simon parla dell’assenza di prospettive dei suoi coetanei e connazionali. Il domenicale d’Oltralpe ne riporta alcuni passaggi: “Sono invidiosa della vita che conducevano i miei genitori alla mia età. Avevano una casa, un’ipoteca, un lavoro fisso e la certezza che il futuro avrebbe portato solo miglioramenti. Noi non possiamo permetterci né un appartamento né un’automobile; al massimo un Iphone ed uno scaffale Ikea”. “Come possono i giovani di oggi fondare una famiglia, se il 51% di loro non ha un posto fisso? La maggioranza dei giovani spagnoli guadagna meno di mille euro al mese, di conseguenza deve vivere più a lungo dai genitori”.

Chissà se lo sanno…

Al di là della cifra di 1000 euro, tutto il resto è adattabile – e senza nemmeno troppo sforzo immaginifico – alla realtà ticinese. Fino a non molto tempo fa, chi l’avrebbe mai detto che il Ticino, parte della cosiddetta “ricca Svizzera”, si sarebbe trovato in condizioni spagnole?

E chissà se gli zurighesi della NZZ lo sanno che, per toccare con mano la realtà descritta dalla Simon, non c’è bisogno di andare fino in Spagna, ma basta attraversare il Gottardo?

Se questo sfigatissimo Cantone diventa sempre più “spagnoleggiante” (non in senso positivo), sappiamo cosa e chi ringraziare: la devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia, che ha sfasciato il mercato del lavoro e con esso le opportunità professionali dei residenti.

Il lavoro al centro

Anche se la nostra Costituzione cantonale non definisce il Ticino una “Repubblica fondata sul lavoro” (diversamente da quella del Belpaese), è implicito che tutto ruota attorno all’impiego. E’ inutile che vengano a raccontarci fanfaluche sui giovani che se ne vanno perché qui da noi la “scena culturale alternativa” (?) non sarebbe sufficientemente valorizzata da beceri governanti destrorsi, o altre fregnacce del genere. Nessuno cambia Cantone per la “scena culturale alternativa”. Se si vuole evitare che i giovani ticinesi emigrino, bisogna offrire un mercato del lavoro decente. Da notare che la meta dell’emigrazione non è solo la Svizzera interna. Anche le province italiane limitrofe hanno il loro appeal: facendo il “frontaliere svizzero” si vive bene. Finora questo fenomeno era tipico dell’area ginevrina. Adesso prende piede anche da noi.

Un carro su cui salire

Ad ogni rilevamento, il numero di frontalieri continua ad aumentare. Il più recente indicava l’abnorme cifra di 75mila permessi G in Ticino (solo quelli dichiarati; se poi si aggiunge il nero…). I frontalieri crescono nel terziario, mica negli altri settori.

Di recente si è però manifestato un elemento nuovo: occorre coglierlo al volo.

Finora i vicini a sud – con scarsa lungimiranza – hanno sempre osannato il frontalierato. Chiaro: per colpa dei politicanti triciclati (e dei media di regime al loro servizio), il Ticino è diventato la valvola di sfogo per la crisi occupazionale italiana. Tuttavia adesso dalle province italiche limitrofe cominciano a levarsi delle voci di protesta. Se troppi comaschi, varesotti, eccetera – specie se qualificati – vanno a lavorare in Ticino, per l’economia del territorio cosa resta? Di conseguenza, dicono queste voci, il fenomeno va contrastato.

Se anche al di là della ramina si fa strada la consapevolezza che gli eccessi di frontalierato sono nocivi per tutti, e dunque bisogna sventarli, il nostro Cantone non potrà che trarne dei vantaggi. E’ in ogni caso un carro su cui la politica ticinese deve salire. Potrebbero nascerne delle collaborazioni transfrontaliere inedite.

Chi può solo tacere

Una cosa è certa: il tandem PLR-$inistra ro$$overde non è nella condizione di venire a pontificare sui giovani che lasciano il Ticino.

Sulla $inistra spalancatrice di frontiere, sempre schierata contro la Svizzera e gli svizzeri, che vorrebbe perfino l’adesione alla fallita UE, evitiamo di ripeterci.

All’ex partitone è invece il caso di ricordare che l’immonda ciofeca denominata “preferenza indigena light”, con cui la partitocrazia ha vergognosamente affossato la preferenza indigena votata dal popolo, è stata partorita da un politicante PLR. E che la ministra di giustizia PLR Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) davanti al Parlamento ha dichiarato, a proposito dell’invasione da sud, che “il Ticino è vittima del suo successo” (quindi 75mila frontalieri in un Cantone di 350mila abitanti sarebbero un successo?). Ma – ha aggiunto Ka-Ka-eS – Berna, bontà sua, “vigila” (nel senso che sta a guardare: voyeuse?).

Come no! Vigila a suon di rapporti farlocchi e di fettone di mortadella sugli occhi.

Ed è così attenta alla situazione ticinese che, tanto per dirne una, l’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone della SECO nemmeno si prende il disturbo di far tradurre in italiano i suoi rapporti annuali (nel 2022 redigerà il 18esimo). Come se alle nostre latitudini non ci fosse un interesse a leggerli. Quando si dice: i figli della serva!

Immigrazione

E che nessuno si sogni di blaterare di immigrazione quale soluzione alla denatalità. E’ demenziale pensare di rimediare alla partenza dei giovani ticinesi tramite la sostituzione. Sarebbe come curare il mal di testa con la ghigliottina. In un Cantone che ha già il 30% di popolazione straniera e dove la maggioranza dei lavoratori non è svizzera, l’immigrazione è un problema; non è certo una soluzione!

Lorenzo Quadri