Beh, e ci sarebbe mancato altro. E’ questa la prima reazione alla decisione del Consiglio svizzero della stampa, il quale ha decretato che dire che un delinquente serbo è serbo, non è razzismo. Incredibile!

A vedervi il razzismo sono invece i soliti cultori dell’ipocrisia del politicamente korretto che hanno fatto assurgere a dogma, ad evidente scopo censorio. Un pretesto, particolarmente subdolo, per proibire di dire delle verità scomode. Ad esempio sul “completo fallimento” (Merkel dixit) della società multikulturale, o sul dilagare, anche alle nostre latitudini, della criminalità straniera, frutto di un fenomeno migratorio completamente fuori controllo e di una politica di scriteriato smantellamento delle frontiere.

Ma queste cose non si possono dire, perché dirlo non è politicamente korretto e chi lo fa è un populista, un razzista, un “breivikiano”.

Per questo, sorprende in positivo la decisione del Consiglio svizzero della stampa che tanto per una volta – ma una rondine non fa primavera – ha voluto difendere la libertà d’espressione, che tra l’altro dovrebbe pure essere un diritto fondamentale iscritto nella Costituzione federale, e non le censure politicamente korrette.

Scrivere che un criminale serbo è serbo è dunque una semplice informazione e non un atto di discriminazione razziale: come detto, ci sarebbe mancato altro.

 Adesso occorre smantellare la censura sulla nazionalità degli autori di reati nelle comunicazioni ufficiali. Attualmente, al momento di un arresto, la polizia si limita a comunicare se l’arrestato è di nazionalità elvetica o no, informazione che peraltro i media riprendono a discrezione. C’è infatti addirittura chi indica solo i cittadini elvetici.

Ma è chiaro che la sola distinzione svizzero/straniero, pur essendo meglio che niente, non è sufficiente. Perché ci sono nazionalità che delinquono più di altre. Ad esempio, perfino il CdS, dopo la ventesima  fetta, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare ha dovuto ammettere che nel Locarnese c’è un problema legato ai dominicani.

Non c’è alcun motivo plausibile, se non il vano tentativo di mascherare agli occhi della gente, che però non è scema, le conseguenze di una migrazione del tutto fuori controllo, per continuare a negare al cittadino il diritto ad una puntuale informazione sulla nazionalità dei delinquenti.  E non solo sulla nazionalità, ma anche sul tipo di permesso di cui dispongono per stare in Svizzera, su eventuali precedenti penali e sulla percezione di sussidi sociali, pagati dall’ente pubblico.

Si tratta di semplici dati oggettivi che non hanno motivo di restare nascosti, perché è ora di finirla che il delinquente straniero continui a godere della tripla tutela di a) un sistema giudiziario che garantisce ad oltranza i diritti dei colpevoli b) una politica delle espulsioni inefficiente e ridicola e c) delle censure in nome del sacro dogma del politicamente korretto.

Al proposito sono pendenti atti parlamentari davanti al Consiglio di Stato.  Speriamo che possano andare a buon fine.