1990: la TV di Stato incassava 561 milioni di franchi di canone. Oggi sono oltre 1200 

335 franchi annui per finanziare degli attivisti ro$$overdi sono decisamente troppi. L’emittente di regime deve costare meno

L’iniziativa popolare che chiede di ridurre il canone radioTV da 335 a 200 franchi è partita a pieno regime. Per raccogliere le 100mila firme necessarie alla sua riuscita c’è tempo fino a fine 2023. Ed intanto ai vertici della SSR, come pure a quelli della RSI, malgrado le alte temperature, sta diventando fredda la camicia.

In interviste dal tono isterico, raccolte in ginocchio dalla stampa di regime, i dirigenti dell’emittente di Stato si permettono di minacciare e di ricattare i cittadini, i quali non devono nemmeno sognarsi di poter decidere sul canone: possono solo pagare e tacere! Ogni riduzione del balzello pro-SSR comporterebbe la catastrofe per il paese e per la coesione nazionale! Roba da alto tradimento!

Ö la Peppa! Qui c’è qualcuno che farà meglio a tornare sulla terra, ma in fretta.  

Le fake news

Da notare che, ancora prima del lancio ufficiale dell’iniziativa, il direttore generale della SSR Gilles Marchand (Gilles chi?)  l’aveva già ribattezzata pubblicamente “No Billag 2”. Come se azzerare il canone (No Billag) e ridurlo di poco più di un terzo (200 Fr) fossero la stessa cosa. Eccole qui, la “qualità” e l’”oggettività” dell’informazione della SSR! E poi lo stesso Marchand ha la tolla di dichiarare che l’emittente di regime sarebbe “un bastione (uella) contro le fake news”? Ma se il primo a diffonderle è proprio lui!

E’ evidente che il canone a 200 franchi non provocherebbe alcuna catastrofe nel Paese, ma lascerebbe qualche soldo in tasca ai cittadini svizzeri, che ne hanno più che mai bisogno.

Semmai imporrebbe una dieta alla SSR. E allora? Di aziende che devono riorganizzarsi ce ne sono a bizzeffe. Specie di questi tempi. Emittente di regime, benvenuta nel mondo reale!

Sempre più soldi

E’ opportuno ricordare che le entrate del canone oggi ammontano a 1.2 miliardi di franchi. Ad inizio degli anni 90, esse erano invece di “soli” 541 milioni. Meno della metà di oggi.  Forse che negli anni Novanta la radioTV di Stato era a livelli di Terzo mondo? Non ci pare proprio.

Grazie alla nuova legge sulla radiotelevisione, votata dal popolo per il rotto della cuffia, il canone è stato trasformato in una tassa pro-SSR che tutti devono pagare. Anche chi non ha alcun apparecchio “atto alla ricezione”; anche chi è cieco e sordo.  Dunque, gli incassi sono aumentati.

L’emittente di regime, inoltre, si è gonfiata di soldi come una rana a causa dell’immigrazione incontrollata. Ecco perché la SSR la sostiene. Non è solo ideologia ro$$a. E’ anche prosaico calcolo di saccoccia: più abitanti uguale più canone! Ed i residenti in Svizzera, a seguito della politica delle frontiere spalancate, in due decenni sono aumentati di addirittura il 21%: una percentuale che non ha eguali in Europa.

Non a caso, la Serafe si è avventata come una iena sui profughi ucraini che abitano in un alloggio indipendente, pretendendo da subito il pagamento del canone. Apperò!

Un miliardo è poco?

Il canone a 200 franchi porterebbe nelle casse della SSR oltre 700 milioni all’anno – ovvero assai più della somma incamerata negli anni Novanta – ai quali vanno aggiunti circa 300 milioni di entrate pubblicitarie. Totale: un MILIARDO. Però lo strapagato direttore generale della SSR vorrebbe farci credere che UN MILIARDO ALL’ANNO è una miseria, e che con così pochi spiccioli è impossibile (“sa po’ mia!”) produrre una radiotelevisione di servizio pubblico per un Paese di 8.8 milioni di abitanti. Ma chi crede di prendere per i fondelli costui?

E per carità di patria che nessuno ci venga a raccontare ridicole storielle sul canone attuale che sarebbe “indispensabile per la democrazia e la coesione nazionale”, perché gli ridiamo in faccia. Forse che negli anni Novanta la Svizzera non era democratica e coesa? Ma se lo era più di adesso!

Ma soprattutto: un’importante fetta del palinsesto della SSR – vedi i film che si possono guardare su qualsiasi canale, vedi i giochini scemi anch’essi concepiti su format acquistati –  non ha

nulla a che vedere né con la democrazia, né con la coesione nazionale, e nemmeno con il servizio pubblico. Si tratta per contro di programmi che possono benissimo venire lasciati alle emittenti private, sulle quali – tra l’altro – l’iniziativa per la riduzione del canone non avrebbe alcuna ripercussione.

Attivisti ro$$overdi

E che dire della cosiddetta informazione di servizio pubblico, ormai ridotta a propaganda ro$$overde ed oltretutto divisiva (altro che coesione), perché la Pravda di Comano (come pure le sue consorelle di Romandia e Svizzera tedesca) si permette di decidere cosa è bene e cosa è male?

Ha scritto di recente  l’autorevole Neue Zürcher Zeitung (non il Mattino populista e razzista): “Soprattutto le nuove leve del giornalismo radiotelevisivo mettono in discussione il concetto di informazione equidistante. Su temi come il cambiamento climatico, il razzismo, la guerra, loro vogliono schierarsi. Così i giornalisti diventano attivisti”.

Ah, ecco! E noi dovremmo continuare a pagare il canone più caro del mondo per foraggiare degli attivisti ro$$overdi?

Altro che “diversità”!

Oltretutto alla SSR, e quindi anche a Comano, i giornalai si riempiono la bocca – e fanno il lavaggio del cervello al popolazzo – con la “diversità”: di genere, di colore della pelle, di orientamento sessuale, eccetera. L’unica diversità che non viene in alcun modo tollerata è quella di pensiero e di orientamento politico. Infatti nell’emittente di regime sono tutti fautori del pensiero unico di $inistra! Bene, visto che ai mammasantissima della TV di Stato piacciono tanto le quote, che comincino ad introdurre delle quote di non-$inistrati nelle loro redazioni!

E’ evidente che, in questa situazione, 200 franchi di canone all’anno sono ancora troppi.

Sicché, tutti a firmare l’iniziativa!

Lorenzo Quadri